Contratto a tempo determinato: incentivi e trasformazione dal 2019
L’entrata in vigore del Decreto dignità ha modificato la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Il decreto ha acceso le speranze dei lavoratori precari giovani e di chi ha già 40 o 50 anni ed una famiglia da mantenere.
L’obiettivo primario è scoraggiare l’utilizzo dei contratti a tempo determinato, diminuendo così il precariato. Da questo nobile intento nasce il nome del decreto, volto a restituire ai lavoratori, la dignità perduta. Il decreto non intende rimuovere la flessibilità nel lavoro, ma eliminare le conseguenze negative dell’abuso di questa tipologia contrattuale. Quali sono le trasformazioni e gli incentivi dal 2019 del contratto a tempo determinato?
Il contratto a tempo determinato: le trasformazioni
La rimodulazione del contratto a tempo determinato punta alla stabilizzazione del mondo del lavoro.
La novità importante riguarda la durata massima dei lavori a scadenza. Il contratto a tempo determinato non potrà superare i 12 mesi, a differenza dei 36 possibili con la precedente riforma. La durata, tuttavia, può essere estesa fino a 24 mesi, ma solo in presenza di tre condizioni non necessariamente concomitanti.
Contratto a tempo determinato: estensioni
La prima condizione si verifica quando il datore di lavoro ha l’esigenza di sostituire un lavoratore assente. La seconda riguarda la necessità di sopperire ad esigenze temporanee. Infine terza condizione è l’incremento improvviso della normale attività del datore. Nel conteggio sono inclusi i periodi in cui il lavoratore ha esercitato il proprio mestiere con lo stesso datore di lavoro con contratto di somministrazione o come lavoratore stagionale. Una volta superati i termini stabiliti, il contratto si trasforma in un lavoro a tempo indeterminato.
Decreto Dignità: perplessità
Un problema importante è la corretta interpretazione della norma. Se la causale è illegittima o manca, il contratto determinato si converte in indeterminato, dopo il superamento dei 12 mesi. Se è vero che l’errore del datore rappresenta una possibilità per il lavoratore, la norma rappresenta un deterrente all’ estensione di un contratto più lungo di 12 mesi. Tutto ciò, per evitare di esser costretto ad instaurare un rapporto di lavoro di cui non si sente l’esigenza. Il Decreto Dignità, anziché limitare la disoccupazione ed il precariato, rischierebbe di innescare un’accelerazione del ricambio di personale ogni 12 mesi.
Contratto a tempo determinato: le garanzie
Esaurito il tempo massimo, non si ha alcuna garanzia di poter lavorare a tempo indeterminato presso quel datore di lavoro. La norma non è intervenuta su questo aspetto, pur mantenendo invariato il diritto di precedenza.
Cos’è e quando si può far valere il diritto di precedenza
Il diritto di precedenza si può esercitare se si ha lavorato per lo stesso datore di lavoro, per un periodo superiore a sei mesi. Il diritto si può far valere, se il datore decide di assumere a tempo indeterminato nei successivi 12 mesi alla scadenza del tuo contratto. Tale diritto, non si acquisisce automaticamente, ma è dovere del lavoratore esplicitarlo nel contratto, entro sei mesi dalla fine del rapporto lavorativo. Successivamente è possibile mandare la richiesta per usufruire del diritto di precedenza.
Il contributo addizionale
La riforma ha cercato di scoraggiare i contratti a tempo determinato, con l’incremento del contributo addizionale che il datore di lavoro deve pagare in caso di rinnovo del contratto a tempo determinato. Il contributo passa dall’1,4% all’1,9%. Questo vale per i rinnovi ma non per le proroghe.
Gli incentivi
Il Decreto Dignità, prevede un incentivo all’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori al di sotto dei 35 anni. L’incentivo, è una riduzione dei contributi del 50%, per non più di 3.000 euro l’anno, che il datore deve pagare ai lavoratori, per un massimo di tre anni. Questo vale solo per i lavoratori che non hanno mai avuto un contratto a tempo indeterminato e di età inferiore ai 35 anni.
Contratto a tempo determinato: le novità sulle proroghe
Altra novità riguarda le proroghe. Il numero massimo scende da 5 a 4. Anche in questo caso, allo scadere della proroga, il contratto si trasforma da provvisorio ad indeterminato.
La riforma ha suscitato perplessità soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione della norma. Problema è anche il regime transitorio tra la precedente e la nuova disciplina. La legge di conversione ha rinviato al 1 ° novembre la decorrenza della nuova normativa. Tuttavia non è riuscita a creare un automatismo facile e chiaro per tutti.
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