Intimazione di pagamento: cos’è e come impugnarla
In questi ultimi tempi è risaputo come la materia relativa a fisco e tributi di vario genere, sia fonte di debito per molti cittadini. Al creditore, il legislatore fornisce strumenti idonei all’ottenimento di quanto è nel suo diritto. In questo ambito, merita sicuramente menzione la cosiddetta intimazione di pagamento. Vediamo di seguito cosa si intende con questi termini e come potersi difendere da un tale atto.
Intimazione di pagamento: cos’è e chi la emette
In via generale, una qualsiasi intimazione di pagamento può definirsi come una richiesta da parte del creditore al debitore, con la quale colui che vanta il diritto di credito dà un termine ultimo entro cui pagare il debito. In mancanza, riservandosi il diritto di rivolgersi al giudice. È un concetto che riguarda sia i rapporti tra privati, sia i rapporti tra un privato ed un soggetto pubblico.
È specialmente nella materia fiscale, che l’intimazione di pagamento assume rilevanza. Possiamo definire l’intimazione di pagamento un atto con cui l’Ufficio Riscossione dell’Agenzia delle Entrate, sollecita il pagamento di una cartella esattoriale, emessa da un Ente pubblico creditore (ad esempio una Regione). Il motivo alla base dell’intimazione di pagamento è quindi l’omissione di pagamento di una o più cartelle esattoriali. Nel caso il debitore non adempia a quanto prescritto nell’intimazione di pagamento, può scattare il pignoramento dei suoi beni.
Intimazione di pagamento e cartella esattoriale o di pagamento: differenze
Occorre fare un po’ di chiarezza circa un iter peculiare come quello che caratterizza le richieste di pagamento di tributi e le relative impugnazioni. Anzitutto, la richiesta di pagamento da parte dell’Agente Esattore avviene con l’emissione di una cartella esattoriale. Essa è anche detta cartella di pagamento, ed è uno strumento e titolo esecutivo, con cui la PA attiva un procedimento di riscossione coatta di un credito vantato verso il cittadino contribuente. A questo punto, il debitore ha sessanta giorni per adempiere; diversamente, la cartella diventa definitiva.
Se non adempie, lo Stato può effettuare il pignoramento dei beni, il fermo e l’ipoteca. Tali provvedimenti possono essere adottati soltanto entro un anno dal ricevimento della cartella esattoriale. In caso vi sia il decorso di questo lasso temporale, l’esattore dovrà invece notificare un nuovo sollecito, definito “intimazione di pagamento”. Possiamo quindi definirlo una sorta di ulteriore cartella esattoriale, che si aggiunge alla prima, non adempiuta. Ne richiama contenuti e presupposti, essendo però più concisa e breve.
Inoltre, tra cartella esattoriale e intimazione di pagamento ci sono altre differenze. Una attiene al profilo temporale del termine per pagare: la cartella dà appunto sessanta giorni per provvedere a versare la somma richiesta dallo Stato. Mentre l’intimazione di pagamento ne dà solo cinque. Alla scadenza di tali lassi di tempo, la PA può avviare gli strumenti di riscossione forzata del debito. Un’altra differenza riguarda l’efficacia nel tempo: come detto, la cartella di pagamento scade dopo un anno; l’intimazione di pagamento dopo sei mesi.
L’impugnazione di un’intimazione di pagamento: quali vizi dell’atto sono contestabili
Occorre premettere che gli aspetti sostanziali di una pretesa esattoriale non possono più essere contestati, quando il contribuente ha di fronte un atto di intimazione di pagamento. Cioè il privato non può più ricorrere per motivi di merito, inerenti – ad esempio – alla effettiva esistenza del debito. Soltanto se avesse contestato l’atto preliminare consistente nell’avviso di accertamento, avrebbe potuto censurare eventuali vizi di merito. Invece, per ciò che concerne cartella di pagamento e intimazione di pagamento, esse possono essere impugnate solo per vizi formali, anche detti “vizi propri” dell’atto di riscossione. Tra questi menzioniamo – a titolo esemplificativo – la mancanza dell’indicazione del responsabile del procedimento.
Prescrizione del reato o della pena: differenza e tempo necessario nell’ordinamento
L’impugnazione di un’intimazione di pagamento: tempi e organi competenti
Sotto il profilo temporale, il legislatore fissa tassativamente in sessanta giorni dalla notifica, il lasso di tempo entro cui effettuare impugnazione contro l’intimazione di pagamento. L’organo decidente è variabile. Per ciò che riguarda tasse e tributi in generale, competente è la Commissione Tributaria Provinciale; per le infrazioni al Codice della Strada, competente è il giudice di pace; in ultimo, circa i contributi previdenziali, competente è il tribunale sezione lavoro.
Sul piano dell’assistenza in giudizio, ci sono alcuni casi in cui il cittadino può difendersi da solo. Ciò nelle ipotesi di contestazione di tributi fino a 3000 euro. Per le contravvenzioni stradali, può farlo entro il limite di 1100 euro. In tutti gli altri casi, dovrà fare affidamento ad un avvocato.