Più di quattrocento lavoratori di Google hanno firmato un appello in cui invitano l’azienda di Palo Alto ad abbandonare il progetto Dragonfly. Vale a dire, il nuovo motore di ricerca con il quale Google starebbe, secondo le indiscrezioni, programmando il suo ritorno nel mercato cinese nel 2019.
L’appello arriva in un momento in si parla sempre di più di Cina in relazione alle sue pratiche avanguardistiche nel controllo sociale della popolazione tramite la rete. Dal 2020 infatti sarà obbligatorio nel paese prendere parte ad un dispositivo noto come “sistema di credito sociale”.
Cina news: il sistema di credito sociale
Questo sarà sviluppato sulla base dei dati raccolti dal governo tramite diverse applicazioni di uso comune nel paese. Di fatto, consentirà o meno l’accesso a determinati servizi e prestazioni sociali in base ad un punteggio personalizzato. A sua volta, questo sarà risultato dei comportamenti del singolo. Nelle intenzioni del legislatore, il sistema sarà applicato non solo ai cittadini, ma anche alle imprese operanti nel paese.
In particolare l’attenzione di Pechino è rivolta verso alcune sue regioni “calde”. Ad esempio, la regione di frontiera dello Xinjiang dove la maggioranza della popolazione è uigura, aderente alla fede musulmana. Qui, zona in passata segnata da violente rivolte della popolazione locale contro Pechino, la Cina sta mettendo in atto un sistema di sorveglianza di massa molto profondo.
Questo unisce tecniche innovative basate sull’analisi biometrica dei dati con l’installazione di migliaia di telecamere di videosorveglianza. Ma anche con la costruzione di campi di rieducazione, chiamati da Pechino “centri vocazionali”. Per analisti come Gay McDougall, membro del comitato delle Nazioni Unite per l’Eliminazione della discriminazione razziale, sono invece “zone senza diritti”.
Cina news: il ritorno di Google in Cina
Tornando alla questione Dragonfly. Per Google sarebbe un ritorno nel paese, dove manca dal 2010. Il ritiro, con conseguente reindirizzamento delle ricerche sul portale registrato ad Hong Kong della multinazionale, avvenne dopo aver subito un attacco informatico. Noto come “Operazione Aurora”, per alcuni dietro l’attacco ci sarebbe stata la mano dello stesso stato cinese.
I lavoratori di Google con la loro presa di posizione hanno segnalato le forti contraddizioni che il ritorno dell’azienda in Cina porterebbe con sé. A partire dal doversi adeguare alla censura imposta da Pechino.
Il caso Google-Cina e le polemiche sulla censura e sui sistemi di controllo informatico mostrano come l’attuale internet sia sempre più balcanizzato. Il Great Firewall cinese, con le disposizioni in termini di controllo dell’accesso alla rete che lo contraddistinguono, è solo un esempio di una dinamica globale.
Cina news: un modello esportabile
Si parla in questi mesi infatti di come la Cina stia esportando all’estero queste tecniche di controllo del proprio spazio internet. Paesi come ad esempio le repubbliche ex-sovietiche centroasiatiche, ma anche Iran e Turchia, sarebbero molto interessati a riproduzioni locali del modello cinese di governance della rete.
Si tratta di un modello che esonda anche su dinamiche di guerra economica e commerciale. Infatti, la Cina è l’unico paese in cui dei giganti tecnologici locali sono riusciti ad emergere nei loro mercati di riferimento. Basti pensare a nomi come Baidu, Alibaba, Tencent, WeChat.
Essi hanno permesso al paese di sottrarsi alla penetrazione dei giganti americani, e alla conseguente appropriazione statunitense dei dati sensibili dei cittadini-consumatori asiatici. Dati decisamente rilevanti in termini geopolitici, che potrebbero consentire di analizzare ad esempio il sentimento della popolazione nei confronti del governo.