Il presidente della Camera Roberto Fico ha annunciato ieri l’interruzione delle relazioni tra l’istituzione che presiede e l’Egitto. Fico ha comunicato la scelta durante un’intervista rilasciata al TG1. La decisione è l’ennesima tappa del contenzioso che oppone Roma a Il Cairo in merito all’omicidio di Giulio Regeni. Infatti, ancora non è stata fatta piena luce sulla sorte toccata al giovane ricercatore italiano. E in particolare, su chi ne abbia la responsabilità. “Con grande rammarico saranno bloccati fino a quando non ci sarà una svolta vera nelle indagini e un processo che sia risolutivo”, le parole di Fico in merito all’interruzione dei rapporti.
Giulio Regeni: la posizione del governo
Eppure, quella di Fico non sembra essere la posizione del governo italiano. Lo stesso premier Giuseppe Conte si è espresso da Buenos Aires dicendo di non conoscere le ragioni della scelta. Alla decisione di Fico sono arrivate anche delle critiche, da parte di Forza Italia. La deputata Elvira Savino ha ricordato come la politica estera non sia prerogativa del Parlamento.
Nella serata di ieri la Farnesina in una nota ha poi comunicato che verranno fatti i “passaggi necessari per richiamare le Autorità egiziane a rinnovare con determinazione l’impegno più volte espresso, anche al massimo livello, di raggiungere risultati concreti e significativi, che consentano di fare pienamente giustizia”. Su questo, però, le prospettive non sembrano migliorate.
Infatti, nella giornata di ieri la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati sette appartenenti ai servizi segreti egiziani. I sette sono accusati di sequestro di persona. Tra questi vi sarebbero figure come il maggiore Magdi Abdlaal Sharif e il capitano Osan Hemly.
Giulio Regeni: le responsabilità dei servizi
Essi sarebbero responsabili anche del depistaggio seguito all’omicidio di Regeni, probabilmente avvenuto nella giornata del 3 febbraio 2016. La decisione arriva dopo l’ennesimo report deludente da parte degli investigatori egiziani. I quali, per la Magistratura italiana, non sono evidentemente desiderosi di collaborare all’inchiesta in maniera decisiva. Lo stesso Fico ha definito coraggiosa la scelta degli inquirenti romani.
A mettere in imbarazzo le istituzioni politiche sono probabilmente i legami tra molto profondi tra i due paesi, riguardanti non solo la dimensione politica. L’economia ha infatti un peso preponderante per capire le relazioni tra Italia ed Egitto. L’interscambio tra i due paesi vale diversi miliardi di dollari e non si è di fatto mai fermato anche dopo l’omicidio del ricercatore italiano.
Insomma, anche dopo il ritiro dell’ambasciatore italiano Massari dal Cairo in seguito alla morte di Regeni, le relazioni tra i due paesi sono continuate. L’ad di Eni Descalzi infatti si è recato più volte nella capitale egiziana, negoziando investimenti direttamente con Al-Sisi. Ad Eni interessa sopratuttto poter sfruttare i maxi-giacimenti offshore di gas di Zohr e Nooros, recentemente scoperti nel Delta del Nilo.
Giulio Regeni: la questione libica
Il presidente egiziano è anche attore fondamentale nella partita per la stabilizzazione della Libia. Protagonista ancora più decisivo in futuro, dato il nulla di fatto dell’ultimo vertice di Palermo che lascia ancora aperta la questione del paese nordafricano. Conscio del suo peso, derivante dalla sua influenza sul generale Haftar, Al-Sisi non ha alcuna ragione di aprire alle richieste di Roma.
I fatti del 2016 stanno avendo ripercussioni anche al giorno d’oggi sulla società egiziana. Basti pensare alla carcerazione tuttora in corso di Amal Fahty, moglie del consulente legale egiziano della famiglia Regeni, Mohammed Lofty. Fathy è in carcere da tre mesi, ufficialmente per aver criticato pubblicamente il governo in merito alle sue politiche di genere. Per molti, paga invece la collaborazione del merito all’accertamento della verità sull’omicidio di Regeni.