Parma, i ragazzi di Nevio e la scalata sul tetto di Wembley
L’ottimo inizio di stagione del Parma, per distacco la migliore fino ad ora tra le neopromosse, ci riporta d’un tratto ai fasti passati dei ducali. Gli emiliani negli anni 90′ stupirono il calcio italiano e non con dei risultati sportivi davvero entusiasmanti. Soprattutto considerata la piccola realtà che il club emiliano allora rappresentava.
Nella stagione 1992-1993, infatti, nei vari palmarés delle coppe europee per club della UEFA entrò con grande merito per la prima volta nella storia del calcio italiano una cosiddetta “provinciale”: il Parma di Nevio Scala. A conclusione di questa meravigliosa storia di sport non si poteva che utilizzare come palcoscenico uno dei teatri calcistici più belli ed importanti della storia. Parliamo dell’imponente Wembley Arena di Londra.
Parma, “provinciale” alla conquista d’Europa
La data di questo ingresso fu il 13 Maggio 1993 alle ore 19.15 locali (le 20.15 italiane). Parma, città dove lo sport era tradizionalmente solo un momento di svago dalla routine, fatta di lavoro e impegno, si fermò per vedere cosa avrebbero combinato i ragazzi del Nevio. Sì, Nevio Scala. Allenatore concreto e di poche parole, come la maggior parte dei calciatori ed allenatori veneti. Aveva portato i suoi ragazzi dalla promozione del 27 maggio 1990 alla finale di una coppa europea dopo aver vinto, nel 1992, la doppia finale di Coppa Italia con la Juventus.
Particolare del suo modo di insegnare calcio può essere riassunto nel suo motto: “Gli uomini sono come la terra, se li coltivi con amore e costanza è probabile che tu raccolga qualche frutto.”
Si perché – ben lontano dal calcio business delle superstar dei nostri anni – il signor Scala rappresentava tutta quella tradizione che caratterizzò e rese vincente il nostro calcio dagli anni 30′ fino alla fine degli anni 90′. La vita semplice di provincia, con calciatori reputati lavoratori e non superstar.
Parma, Nevio Scala ed il suo storico 5-3-2
Nella scalata verso il successo, i ragazzi di Scala furono guidati da un concreto 5-3-2 che in fase offensiva spesso si trasformava in un 3-5-2. Gli uomini che ne fecero un totem furono i due furetti sulle fasce Alberto Di Chiara e Antonio Benarrivo che, a seconda delle necessità della partita, si trasformavano da terzini aggressivi ad ali fluidificanti pronte a mettere in mezzo all’area palloni soltanto da spingere in rete.
In mezzo alla difesa i due alfieri del mister furono Lorenzo Minotti e Luigi Apolloni, affiancati al bisogno dall’esperto belga George Grun. Tutti e tre erano ottimi sia nella fase difensiva che sulle palle alte in fase offensiva. Grazie alle lezioni di Scala, i due centrali seppero migliorarsi nella fase costruttiva del gioco al punto che spesso diventavano veri e propri centrocampisti aggiunti.
A centrocampo i tre erano Zoratto, Cuoghi e l’attaccante Marco Osio, prestato a fare il centrocampista laterale molto spesso per dare la possibilità di avere in campo sempre tre attaccanti di ruolo a disposizione. Davanti in questi anni si alternavano lo svedese Brolin, il funambolico Faustino Asprilla ed il metodico Alessandro Melli. Del gruppo facevano parte anche uomini come Gabriele Pin e Fausto Pizzi.
Parma corsaro a Wembley con un tris memorabile
Tornando a Wembley, per tutti questi ragazzi, abituati per gran parte della loro carriera a giocare su campi cosiddetti “di provincia”, trovarsi a giocare una partita del genere era un’occasione che forse per molti di loro non si sarebbe mai più presentata. Entrarono in campo per saggiare il terreno a modo loro anche in questo tempio del calcio, senza fotografi né completi griffati, cuffie alle orecchie. Bensì con la tuta e via, a fare i giri di campo per scaricare la tensione e preparare le gambe alla sfida che li aspettava dopo poche ore.
Quella sera si sarebbero trovati davanti i belgi dell’Anversa, squadra che ai tempi faceva preoccupare, caratterizzata da poca fantasia ma molta concretezza. Fra i giocatori da ricordare, solo per citarne alcuni, c’è l’attaccante Alexandre Czerniatynski, capocannoniere della medesima competizione, ed il portiere jugoslavo Stevan Stojanović, capitano della Stella Rossa di Belgrado che nella stagione 1990-1991 aveva vinto la Coppa dei Campioni.
Parma-Anversa, lo svolgimento del match
La partita però volse verso l’audace Parma. Dopo neanche 10 minuti fu proprio capitan Minotti a mettere la palla alle spalle del portiere jugoslavo. Ma la furia dei belgi, in pochi minuti, riportò la situazione in parità. Il maestro Scala capì che la battaglia era ancora lunga e al 26’ sostituì Zoratto e non Osio con il più concreto Gabriele Pin Cambio avvenuto per dare solidità al centrocampo ed in modo tale da avere sempre in campo tre attaccanti di ruolo.
Ed ebbe ragione, perché al 30’ Alessandro Melli approfittò di un momento di distrazione della difesa belga e mise la palla in rete. L’entusiasmo fece il resto. I gialloblu spinsero fortemente sull’acceleratore, ma senza riuscire a chiudere la partita. Per questo motivo, Scala al 74’ fece uscire un esausto Marco Osio per far entrare un centrocampista più solido come Fausto Pizzi e riportare la squadra dal 3-5-2 al più coperto 5-3-2.
Anche questa mossa fu subito ripagata. Perché all’84’ Cuoghi chiuse la partita con un gol in contropiede e come ogni favola che si rispetti, arrivò il lieto fine. Parma da provincia morbida, dove tutto sembrava scorrere in maniera sempre liscia, si trasformò per una notte in capitale del calcio europeo. Persino il bolognese doc Giacomo Bulgarelli esplose di gioia nel vedere un gruppo di calciatori correre con la Coppa delle Coppe e l’allenatore in tuta che quasi si arrabbiò, perché non avevano fatto i famosi giri di campo defaticanti dopo la partita.
Parma, il significato di quell’impresa
Fa sorridere, ma allo stesso tempo porta ad una riflessione e ad un auspicio. Quello di un ritorno a questa genuinità che potrebbe forse ridare vita ad uno sport sempre più asfissiato dai soldi e dall’apparire. Speriamo, a tal proposito, che la recente decisione della UEFA di far rinascere una terza competizione europea a partire dal 2021 possa – sulla falsariga di quanto avvenne con la storica Coppa delle Coppe – restituire agli appassionati di questo sport belle storie di calcio da raccontare alle generazioni future. Proprio come avvenne a Wembley 25 anni fa.
Chiudiamo con una citazione di colui che rese quell’impresa possibile: «Faccio l’agricoltore come i miei avi, ed è un sogno. Non so se quel modello sportivo, quello stile, siano ripetibili: oggi il calcio è figlio di una società degradata. Il Parma smise di essere quello che era quando perdette l’umiltà, ma la gente si ricorda di noi.»
Grazie di tutto, grande Nevio.