L’Italia ha vissuto un periodo, negli ultimi anni, di grande crescita occupazionale, anche superiore all’incremento, piuttosto asfittico, del PIL.
Si è trattato di un aumento dei posti di lavoro concentrati in particolare tra i lavoratori più anziani e quelli più giovani. Sia per il crollo dei pensionamenti in seguito alla riforma Fornero che ha lasciato al lavoro molti 50enni e 60enni, sia per gli incentivi per i giovani, l’apprendistato e le decontribuzioni.
Tuttavia occupazione non è esattamente l’opposto di disoccupazione. Una crescita della prima non è detto faccia calare automaticamente la seconda.
Ci sono di mezzo infatti gli inattivi. Quando questi calano, come accade quando diminuiscono i pensionati, può essere che crescano sia i disoccupati che gli occupati.
È in fondo quello che sta accadendo per un segmento di popolazione che sta vivendo una transizione peculiare, quello dei 55-64enni.
Infatti questi tra il 2014 e il 2017 hanno visto aumentare la percentuale di occupati più dei coetanei del resto d’Europa. Il tasso d’occupazione è salito di più del 20%, mentre in Germania cresceva del 9,1%, in Francia del 12,7%, nella Ue in generale del 15,3%.
E tuttavia il tasso di disoccupazione non è calato, proprio perché il numero di disoccupati, in valore assoluto, invece, è molto cresciuto.
Anzi, è degno di nota come solo in Italia, e solo tra i 55-64 anni non sia cambiato nulla, mentre altrove tra chi aveva quell’età scendeva del 48,1%, come in Germania, o del 30,9% come in Spagna. E mentre nel nostro Paese scendeva del 30,7% il tasso di disoccupazione tra i più giovani
Disoccupazione in Italia, l’aumento della povertà tra i 55-64 anni
Questi dati danno l’idea della situazione, ma questi si può aggiungere il fatto che il rischio povertà in questo segmento di età è aumentato del 9% dal 2010, mentre in Europa in media cresceva del 3,8%.
Solo in Ungheria è andata peggio. In Germania è salito solo del 0,3%, in Francia del 1,7%. Tra l’altro tra gli over 65 al contrario la povertà è diminuita. Del resto le pensioni non sono state toccate durante il periodo di crisi, mentre altri segmenti di età subivano la diminuzione dei posti di lavoro.
Ora, le implicazioni di queste statistica potrebbero essere diverse, anche opposte.
Disoccupazione in Italia, le implicazioni
Potrebbero essere la conferma della bontà dell’idea di un pensionamento anticipato. Chiaramente in questo modo si fornirebbe reddito a chi oggi a 60-62 anni si trova senza lavoro, e risolverebbe in parte così il pericolo della povertà. Anche per il futuro, quando chi ha carriere frammentate e precarie oggi a 30 anni arriverà a quest’età.
D’altro lato tuttavia pensionamenti anticipati, che sarebbero applicabili anche per chi, e sono sempre di più, lavora a questa età, significherebbero una perdita di reddito per questi ultimi. Infatti si tratterebbe di trattamenti pensionistici molto ridotti, anche del 30%, rispetto a quelli di cui godono oggi gli over 65enni, molti dei quali con irripetibili trattamenti retributivi. E questo potrebbe far entrare nel novero dei poveri chi oggi sta lavorando.
Dipende da che parte si guardano i fatti, e se la visione è di breve o lungo periodo. Nel breve a molti può apparire utile pensionare chi è più in difficoltà, un po’ come è stato fatto con gli esodati, nel lungo vi è da considerare che in altri Paesi si riesce ad avere con formazione e reinserimento adeguati, alti tassi di occupazione anche per i 60enni. Il cui destino quindi potrebbe non essere per forza il ritiro anticipato.
Come al solito si tratta di una questione anche squisitamente politica.
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