L’ arresto di Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei, si è imposto negli ultimi giorni come ostacolo alla ripresa di rapporti cordiali tra Usa e Cina. Lo scorso primo dicembre ai margini del G20 argentino le due superpotenze avevano raggiunto una tregua, dopo diversi mesi segnati da conflitti in campo commerciale. Proprio lo stesso giorno, però, Meng veniva arrestata a Vancouver.
Nel corso dello scorso weekend le autorità diplomatiche cinesi hanno protestato vigorosamente contro la decisione, convocando gli ambasciatori di USA e Canada nel paese asiatico. Pechino ha chiesto alle autorità canadesi di liberare Meng e a quelle americane di rinunciare alla richiesta di estradizione, minacciando gravi conseguenze nei rapporti con i due paesi nel caso ciò non avvenisse.
Huawei: la reazione cinese all’ arresto
La Cina ha inoltre accusato il Canada di detenere Meng in condizioni inumane, facendole mancare i trattamenti medici a lei necessari. Inoltre, ha denunciato la violazione da parte di Ottawa di un accordo bilaterale che imponeva al Canada di comunicare immediatamente l’ arresto di Meng alle autorità consolari cinesi nel paese.
L’ arresto di Meng è motivato dall’ accusa nei confronti di Huawei di aver aggirato tra il 2009 e il 2013 le sanzioni americane nei confronti dell’ Iran in ambito commerciale. Huawei avrebbe utilizzato a questo scopo Skycom, azienda legata de facto alla compagnia di Meng. Cosa che la stessa donna avrebbe però negato ad alcune banche, al fine di difendere le operazioni della multinazionale cinese con Teheran.
La figlia di Ren Zhengfei, fondatore dell’ azienda nel 1987, rischia per queste accuse fino a 30 anni di carcere. Ciò nel caso il Canada rispondesse positivamente alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti, come voluto dal Dipartimento di Giustizia americano.
Quanto successo è sorprendente se si pensa che, nelle stesse ore in cui veniva fermata Meng, veniva appunto siglata la tregua sui dazi. Ma ciò vorrebbe dire non considerare che lo scontro tra Cina e USA riguarda anche, se non soprattutto, la leadership nel settore tecnologico.
La Cina è infatti sempre più all’ avanguardia in campi che vanno dal settore delle telecomunicazioni a quello della robotica, sino a quello dell’ intelligenza artificiale. La competizione sempre più serrata con gli Stati Uniti in questi campi implica anche conseguenze su temi ad essi correlati. In primis quello dello spionaggio, sia civile che militare.
Huawei: un attore importante nella cybersicurezza
Huawei, secondo produttore al mondo di smartphone, è da anni considerato un attore importante nell’ ambito delle sfide che riguardano il settore della cybersicurezza. Similmente ad un’ altra azienda cinese, ZTE, Huawei riceve spesso l’ accusa di essere una sorta di testa di ponte cinese nei sistemi informatici occidentali. Per Ted Cruz, senatore repubblicano, Huawei sarebbe addirittura una sorta di spia del Partito Comunista Cinese mascherata da operatore telefonico.
Non è un caso che i paesi noti nell’ ambito della sicurezza cibernetica e dello spionaggio come i “ Five Eyes” (Canada, USA, Australia, Gran Bretagna e Nuova Zelanda) stiano prendendo contromisure. In particolare, impedendo progressivamente ad aziende cinesi di contribuire allo sviluppo dei propri piani infrastrutturali in campo tecnologico. Come ad esempio le reti 5G.
Colpire Huawei da parte degli Usa significa anche volerne attaccare le pratiche, da tempo sotto scrutinio. Tregua in ambito commerciale non vuol dire dunque fine della competizione in ambiti cruciali come quello della cybersecurity. Se l’ arresto di Meng sarà confermato, tra Usa e Cina potrebbe rialzarsi fortemente la tensione.