Legge 104: investigatore privato o agenzie, chi rischia lo spionaggio

Gli abusi della Legge 104 fanno sempre rumore: ecco chi rischia di più nell’essere spiato da investigatori privati o agenzie.

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Legge 104: investigatore privato o agenzie, chi rischia lo spionaggio

Investigatore privato per Legge 104


I permessi retribuiti sono un’agevolazione che spetta ai titolari di Legge 104, siano essi disabili con handicap grave o i familiari che li accudiscono. Tuttavia, sia nell’uno sia nell’altro caso, devono essere entrambi lavoratori dipendenti. I permessi Legge 104 sono quindi un diritto che consente di fruire di 3 giorni di permesso retribuito al mese (frazionabili anche in ore) per fornire assistenza al disabile.

Spesso, però, capita che il diritto dei permessi 104 venga mal utilizzato, o per meglio dire, se ne abusi. In questo caso si andrebbe a commettere un illecito sia nei confronti del datore di lavoro e dell’azienda per cui si lavora, sia nei confronti dell’Inps che paga quei giorni di permesso. A tal proposito si segnala anche l’entrata in campo di investigatori privati e agenzie a cui si affida il compito di seguire il lavoratore che fruisce dei permessi per verificarne eventuali abusi.

Abuso permessi Legge 104: cosa può fare l’investigatore privato

L’investigatore privato può quindi essere assunto dall’azienda per seguire il lavoratore che usa i permessi Legge 104 per assistere un familiare con handicap in situazione di gravità. La finalità di queste indagini sono da ricercarsi nel perseguimento della condotta da parte del lavoratore. Sta utilizzando i permessi retribuiti per adempiere al suo compito di caregiver familiare, oppure li sfrutta per andarsene in vacanza?

A tal proposito occorre fare una precisazione. Il criterio dell’assistenza continuativa durante i giorni di permesso 104 non c’è più. Questo significa che durante tale giorno il lavoratore può prendere anche un po’ di tempo per se stesso, ai fini di quell’altro diritto che è il riposo da parte del lavoratore. Il quale, diviso tra lavoro e attività di caregiver, avrebbe poco se non pochissimo tempo per se stesso. Detto questo, la gran parte della giornata di permesso 104 deve essere utilizzata dal lavoratore a fini assistenziali nei confronti del familiare disabile.

Ciò non significa essere reclusi dentro le 4 mura dove dimora il familiare con handicap. Perché in questa giornata il lavoratore può anche uscire per fare delle commissioni per il familiare stesso. Ad esempio, può andare in banca o al supermercato a fare la spesa. Tutte attività, queste, che rientrano nell’assistenza in senso lato al familiare. Ribadendo infine che alcune ore possono essere prese anche per sé. Quello che il lavoratore non può fare durante le giornate di permesso retribuito è andarsene in gita. Oppure farsi una vacanza senza adempiere alle finalità assistenziali previste dal beneficio, condizione indispensabile per poterne fruire.

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Abuso permessi Legge 104: un esempio

Un lavoratore che usa i permessi retribuiti garantiti dalla Legge 104 è visto di cattivo occhio dal suo datore di lavoro. Il suo comportamento nell’ultimo periodo non è stato particolarmente produttivo e l’impressione che dà è quella di svogliatezza. Il datore di lavoro sospetta che i permessi Legge 104 di cui fruisce per assistere un padre con handicap in situazione di gravità siano in realtà utilizzati in tutt’altro modo rispetto ai fini assistenziali, anche perché sono presi di solito sempre a ridosso del weekend.

Per questo il datore di lavoro assume un’agenzia di investigazione, che invia un suo incaricato a seguire la condotta del lavoratore durante le giornate di permesso retribuito. Dopo un certo lasso di tempo l’investigatore ha raccolto materiale sufficiente per redigere una relazione completa e consegnarla così all’azienda. Dalla quale si desume la condotta scorretta da parte del lavoratore, che usa quelle giornate di permesso per farsi dei viaggi e allungare così il weekend, non svolgendo nessuna attività assistenziale per il padre disabile.

Abuso permessi Legge 104: le sanzioni

A questo punto il datore di lavoro non può fare altro che inviare al lavoratore preso in castagna una lettera di contestazione disciplinare nella quale riferisce la condotta scorretta durante le giornate di permesso retribuito garantito dalla Legge 104. Il lavoratore avrà comunque un certo lasso di tempo dipendente dal contratto di riferimento per potersi difendere e dimostrare l’attinenza delle sue attività con le finalità dei permessi 104. Il datore di lavoro, ascoltato il lavoratore, potrà quindi decidere se accogliere o rifiutare le giustificazioni. Nel secondo caso potrà provvedere al licenziamento per giusto causa, tra l’altro legittimato recentemente anche da un’ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8209/2018).

Il lavoratore ha commesso inoltre un reato di truffa ai danni dello Stato, semplicemente perché ha ricevuto l’indennità spettante, ovvero la retribuzione del permesso Legge 104, dall’Inps, ma senza svolgere i compiti previsti dalla Legge che stabilisce le condizioni di fruizione dei permessi stessi.

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