Qualche settimana fa la notizia aveva fatto il giro delle principali testate di tutto il mondo: il Tesoro americano ha proposto una global minimum tax per le grandi industrie pari al 15%. L’Aliquota, che inizialmente sembrava essere del 21%, verrà considerata un punto di partenza che può essere alzato durante i negoziati multilaterali.
La proposta del Segretario al Tesoro USA Janet Yellen ha trovato riscontri positivi dei ministri delle Finanze dei Paesi del G7 che hanno raggiunto un principio per un accordo storico e non solo. Lo stesso ministro Franco si è detto entusiasta di questa proposta e che verrà portato sul tavolo del G-20 a Venezia e la scorsa settimana il Segretario Yellen ha annunciato l’appoggio di 130 Paesi che rappresentano il 90% del PIL globale.
Ma di cosa si tratta? Qual è lo scopo di questa proposta? Cosa ne pensano i vari Governi e le multinazionali? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Global minimum Tax: cos’è e qual è il suo obiettivo?
La tassazione minima globale non è altro che un’aliquota globale minima sui profitti delle multinazionali. L’obiettivo è quello di garantire la concorrenza fra le imprese cercando di scoraggiare tutte le pratiche di dumping fiscale. Le disparità scaturite dai diversi sistemi di tassazione provocano vantaggi per alcuni Stati rispetto ad altri. Questo perché tasse più basse attirano capitali ed investimenti esteri danneggiando inevitabilmente quei Paesi in cui la pressione fiscale sulle aziende è più alta.
Ben ricordiamo le polemiche tra Italia e Paesi Bassi, quest’ultimi accusati di essere dei veri e propri paradisi fiscali, durante i negoziati in Europa per il PNRR.
L’annuncio della proposta americana è avvenuto dopo che i negoziatori americani si sono incontrati con le controparti di 24 paesi facenti parte dell’OCSE. La GMT sarà parte integrante del piano fiscale proposto da Biden per il finanziamento di vari progetti domestici. In particolare è quello di mettere in atto il piano da 2.300 miliardi di dollari per il rilancio delle infrastrutture.
Janet Yellen, proprio per far fronte a queste disparità, durante la conferenza del G20 ad aprile ha quindi proposto l’introduzione di una tassazione minima globale al 21%.
Com’è stata accolta la Global Minimum Tax?
Durante le contrattazioni tra la stessa Yellen e i vari ministri ha ridimensionato l’aliquota abbassandola al 15%. Essa, come detto in precedenza, è il punto di partenza, su cui basare eventuali proposte più ambiziose.
La riforma è ancora in stato embrionale ed è stata discussa tra i rappresentanti delle principali economie mondiali durante lo scorso G7 L’accordo non è stato ancora raggiunto anche perché la stessa manovra porterebbe a delle perdite significative per la Casa Bianca. Questo tipo di tassazione porterebbe non pochi vantaggi alle aziende con sedi centrali fuori dagli USA. Inoltre, questa riforma sarà affiancata da un aumento delle aliquote sulle imprese al 28% dal 21%.
Le trattative sembrano lunghe e complicate ma si contano già 130 sostenitori di questa riforma storica. Primo fra tutti Daniele Franco, ministro dell’Economia che si è espresso in questi termini:
“Accolgo con favore la proposta avanzata dal Tesoro degli Stati Uniti per introdurre un’aliquota fiscale minima globale di almeno il 15%. Questo è un altro passo importante verso un accordo sulla nuova architettura fiscale internazionale. Le discussioni tecniche presso l’Ocse stanno procedendo bene e la prospettiva di raggiungere una soluzione globale e basata sul consenso sui due pilastri della riforma fiscale internazionale è ora concreta. In qualità di Presidenza del G20, stiamo compiendo tutti gli sforzi per garantire il raggiungimento di un accordo politico alla riunione del G20 di luglio a Venezia”.
Anche Parigi e Berlino, dopo il ridimensionamento dell’aliquota fiscale, si sono dichiarati a favore e vorrebbero portarle a termine anche loro già a Luglio. Hanno aggiunto che si tratta “della migliore occasione per definire una riforma della tassazione a livello globale allo scopo di contrastare la corsa fiscale al ribasso.
Come hanno reagito i grandi colossi del Tech?
Tra i Paesi più scettici abbiamo Gran Bretagna, Ungheria e Irlanda che ha un’aliquota aziendale al 12,5 %. Il timore proviene dal fatto che molti governi dovranno modificare le proprie leggi per far rispettare la nuova tassa.
Nonostante le trattive sulla minimum tax sono nate per fermare i grandi colossi Tech accusati di pagare poche imposte nei Paesi dove generano profitti, essi non si sono tirati indietro.
Google e Facebook si sono mostrati favorevoli, addirittura Nick Clegg portavoce del noto social network spera che la riforma abbia successo nonostante l’aumento del carico fiscale a cui sono destinati. Da sempre i governi hanno cercato un modo per tassare le grandi aziende tech. Esse possono creare filiali locali in Paesi che hanno aliquote dell’imposta più basse e dichiarare utili lì. Grazie alle aree di libero scambio, ciò significa che pagano solo l’aliquota fiscale locale, anche se i profitti provengono principalmente da transazioni effettuate altrove.
Si tratta comunque di pratiche legali garantite dal diritto societario e dai trattati commerciali ma questo piano mira a correggere le distorsioni del mercato. In poche parole esse dovranno:
- Pagare più tasse sui profitti ottenuti nei Paesi in cui vendono beni e servizi;
- Fissare un’aliquota minima per evitare corse al ribasso.
Si proverà quindi a far pagare le tasse negli Stati in cui si vendono i prodotti e non dove si dichiarano. Se dovesse andare in porto o meno questa riforma non lo sappiamo ancora ma non ci resta che aspettare giorno in cui si riunirà il G-20.