Attentato Strasburgo: l’ultimo di una lunga serie

Pubblicato il 13 Dicembre 2018 alle 12:09 Autore: Michele Mastandrea
Attentato Strasburgo: l'ultimo di una lunga serie
Attentato Strasburgo: l’ultimo di una lunga serie

È ancora in corso la fuga di Cherif Chekatt, il 29enne presunto autore dell’attentato di Strasburgo. Mentre più di 700 uomini sono mobilitati alla ricerca dell’uomo, la Francia inizia a elaborare quanto successo. Non è purtroppo la prima volta che attentati come quello di Strasburgo avvengono nei pressi di mercatini di Natale. Infatti, la stessa Strasburgo aveva visto due tentativi di attentato, nel 2000 e nel 2016. Entrambi sventati in anticipo dalle forze dell’ordine.

Nel precedente più recente, sette persone vennero fermate prima che portassero a termine l’azione. Nel 2000, invece, quattro uomini furono fermati mentre progettavano di collocare un ordigno davanti alla Cattedrale, nella piazza dove è ospitato il mercatino. La cattedrale gotica di Strasburgo è uno dei luoghi simbolo della storia della cristianità. Ciò la rende obiettivo sensibile da parte del terrorismo islamico di matrice jihadista, soprattutto quando la piazza dove è collocata ospita manifestazioni pubbliche.

Attentato Strasburgo: i precedenti

Uno dei casi più rilevanti di questo tipo di eventi al di fuori della città alsaziana è stato l’attentato al mercatino di Natale di Berlino del 2016. Attentato compiuto tra gli altri da Anis Amri. L’uomo prima rubò il camion di un uomo polacco, assassinato dallo stesso Amri nel corso dell’azione. Poi lo condusse contro la folla, provocando 12 morti e 56 feriti. Amri fu poi ucciso in uno scontro a fuoco, dieci giorni dopo, da due poliziotti italiani a Sesto San Giovanni, provincia di Milano.

Ma non solo mercatini. Altro gravissimo attentato terroristico condotto in luoghi pubblici è quello di Nizza. Il  14 luglio 2016, anniversario della presa della Bastiglia, un camion condotto a tutta velocità da Mohamed Lahouaiej-Bouhlel lascia 86 morti sulla Promenade des Anglais.

Qualche decina in meno rispetto alle 137 vittime della giornata più sanguinosa che la Francia ricordi rispetto ad attentati terroristici. Vale a dire, quella del 13 novembre 2015. Quel giorno a Parigi 9o persone persero la vita al locale Bataclan e altre cinquanta nel corso di sparatorie in diversi luoghi della capitale transalpina.

L’assalto chiudeva un anno drammatico per la Ville Lumiere. Infatti, all’inizio dello stesso anno risale l’attentato alla sede di Charlie Hebdo. Il 2015 è anche l’anno in cui ventidue persone perdono la vita al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi.

Attentato Strasburgo: carcere e banlieue

Come Anis Amri, anche Cherif C. si sarebbe radicalizzato – a quanto riportato dagli inquirenti –  in direzione del terrorismo jihadista durante un periodo trascorso in carcere. La situazione negli istituti penali francesi si intreccia in una combinazione terribile con quanto avviene a livello sociale nei quartieri periferici delle città, noti come banlieue.

I processi di desertificazione industriale che attanagliano le città francesi e occidentali, dovuti a fenomeni come la delocalizzazione e l’automazione dei processi produttivi, rendono infatti soprattutto le banlieue sempre meno ricche di opportunità rispetto ai centri cittadini. E dunque, luoghi dove è più forte l’influenza del messaggio religioso. Capace allo stesso tempo di offrire conforto, ma anche di spingere verso reazioni più violente verso la società a seconda di chi lo esprime.

In questo contesto, condizioni difficili di vita, disoccupazione, povertà conducono molti uomini e molte donne delle banlieue a percorsi di microcriminalità.  Da dove spesso raggiungono il carcere. Qui in mancanza di prospettive, sono spesso vittima di percorsi di radicalizzazione. Intesi come opportunità di riscatto, e fondati sulla comune appartenenza religiosa. In un circolo vizioso che spesso è effetto, e non causa, di una precedente sofferenza sociale. La quale finisce per esprimersi nel peggiore modo possibile.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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