Si sono concluse il 22 giugno le primarie per scegliere il candidato democratico a sindaco di New York. A spuntarla è stato Eric Adams.
Ex poliziotto, Adams ha battuto di un soffio (ha raccolto il 50,5% delle preferenze) la candidata Kathryn Garcia, facendo sfumare così la possibilità di avere il primo sindaco donna della Grande Mela. Deludente risultato per la pasionaria Maya Wiley, candidata espressione dell’ala radicale del partito guidata da Alexandra Ocasio-Cortez.
La prima volta del nuovo sistema elettorale
New York ha deciso di scegliere il candidato democratico seguendo un macchinoso processo, denominato ranked-choice (o instant-runoff voting). Come già descritto precedentemente, il nuovo sistema, adottato ad esempio in Maine ed in Australia, si discosta dal modello plurality. L’elettore è chiamato a votare per cinque candidati ed ordinarli secondo un criterio di preferenza. Allo scrutinio, è nominato vincitore il candidato che è risultato la prima scelta del 50%+1 dei voti validi.
In caso di mancato raggiungimento di questo quorum, viene eliminato il candidato all’ultimo posto ed i suoi voti vengono ridistribuiti ai candidati inseriti come seconda scelta da chi aveva posto l’uscente come prima preferenza. Questo processo viene ripetuto più volte, fino ad arrivare ad avere un confronto tra due candidati. Vince chi ottiene la maggioranza assoluta in questo ultimo testa a testa.
Emergenza sicurezza
Iscritto al Partito Repubblicano fino al 2001, Adams è esponente dell’area moderata dei democratici newyorkesi. Presidente della circoscrizione di Brooklyn, 60 anni, potrebbe diventare il secondo Primo Cittadino afroamericano di New York. Se la dovrà vedere con Curtis Sliwa, che i sondaggi danno già ampiamente in svantaggio.
La campagna elettorale si preannuncia caldissima, con il tema sicurezza divenuto centrale a causa di un aumentato tasso di criminalità per le strade di New York. Per comprendere quale sia la portata del fenomeno, basti pensare che solo nel weekend dell’Independence Day ci sono state ben 26 sparatorie e 21 morti per le strade della Grande Mela. Il governatore Andrew Cuomo, con piglio emergenziale, è stato costretto a varare misure restrittive per limitare la vendita di armi da fuoco.
Sull’emergenza, Adams ha dichiarato: “La mia prima domanda è, perché abbiamo impiegato così tanto tempo? Perché abbiamo sprecato così tanto tempo, vedendo questi bambini morire anno dopo anno dopo anno?”.
Un centrista controcorrente
Durante la notte delle primarie, Adams ha dichiarato che il Black Lives Matter non può manifestarsi solo contro le forze dell’ordine, ma deve lottare contro la “violenza che sta facendo a pezzi la nostra comunità”. Evidente, quindi, è il cambio di paradigma nel trattare uno degli argomenti più scottanti del dibattito internazionale. Questo approccio moderato è accompagnato, quasi a fare da contraltare, da costanti riferimenti all’appartenenza alla comunità afroamericana.
Adams stesso ha raccontato di aver subito sulla sua pelle un episodio di violenza da parte delle forze dell’ordine all’età di 15 anni.
Nel corso della sua esperienza da poliziotto, cominciata nel 1984 e terminata con la sua elezione al Senato dello Stato nel 2006, Adams ha fondato il 100 Blacks in Law Enforcement Who Care, un movimento per la riforma della giustizia criminale e contro la profilazione razziale.
Non solo questione razziale: Eric Adams ha saputo sì portare dalla sua le minoranze ispaniche e afroamericane, ma anche convincere quell’elettorato moderato preoccupato dagli eccessi della sinistra radicale. Proprio perché la sicurezza è stata un nodo centrale della campagna elettorale, i democratici newyorkesi hanno deciso di non premiare le richieste di riduzione dei fondi per la polizia dell’area più oltranzista del movimento.
La politica di Adams è quella del contrasto senza quartiere alla violenza, tramite soprattutto l’ascolto delle comunità maggiormente colpite dall’odio, come quella asiatica e quella ebrea.
In passato, ha avuto modo di battersi ardentemente a favore dei matrimoni omosessuali, sin dai tempi in cui non erano così accettati e percepiti come diritto dal dibattito americano.
Le ombre nella campagna di Adams
Durante la campagna per le primarie, Adams ha dovuto fronteggiare alcune polemiche. Prima fra tutte, quella di un giornalista che ha accusato il candidato di non vivere a New York. Nonostante il passato da poliziotto per le strade della città, è stato criticato per aver vissuto i mesi della pandemia nel suo ufficio di Brooklyn. Altro motivo di attacchi è stata la scelta di abitare in New Jersey. Per dissipare tali dubbi, Adams ha organizzato una visita dei giornalisti in un appartamento di Brooklyn, presentato come sua residenza abituale.
Nel 1993 suggerì a Herman Badillo, un politico di origine portoricana, di tutelare la sua minoranza ispanica e di sposare una Latina invece che una bianca ebrea.
In qualità di amministratore, Adams è stato anche indagato per corruzione, dopo aver accettato contributi elettorali da lobbisti che intendevano trasformare l’ippodromo Aqueduct di Brooklyn, in un casinò.
Il prossimo sindaco di New York
Complice un atteggiamento arrendevole del Partito Repubblicano, Adams è in procinto di diventare il secondo sindaco Afroamericano di New York. Preso atto che, dell’incolmabile vantaggio democratico nei sondaggi, il GOP ha preferito presentare a New York solo candidati di secondo piano.
“Dobbiamo concentrarci per vincere a novembre, così da mantenere la promessa a questa grande città, per coloro che stanno soffrendo, per coloro che sono trascurati e per coloro che si impegnano per un futuro più sicuro, equo e raggiungibile per tutti i newyorkesi”
Nonostante sia molto popolare in tutti i quartieri, la ciliegina sulla torta per l’ex poliziotto sarebbe migliorare la sua presenza a Manhattan, zona che lo guarda tuttora con diffidenza.
L’ufficialità del risultato delle primarie sarà data il 12 luglio. Il 22 novembre sapremo se i sondaggi avranno avuto ragione e se Eric Adams sarà il successore di Bill De Blasio.