Ancora discese per il prezzo del petrolio negli ultimi giorni. Il Brent è intorno ai 55,5 dollari al barile, una settimana fa il prezzo era di 62 dollari. E per circa 20 giorni, dal 22 novembre circa, era rimasto stabile segnando una pausa nel decremento in corso dall’inizio di ottobre, quando si era arrivati a 86 euro al litro.
Il fatto che la discesa non si sia fermata, ma continui, è già una notizia. Infatti nelle ultime settimane erano state messe in atto operazioni che avrebbero dovuto sostenere il prezzo del petrolio. Per esempio l’accordo per il taglio di 1,2 milioni di barili al giorno tra i membri dell’Opec e i non membri, come la Russia. Anche il Canada aveva aderito. E gli effetti saranno reali dal 1 gennaio.
Inoltre nel 2018 finora la domanda di petrolio è risultata in aumento rispetto all’anno scorso del 1,3%, avendo superato i 101 milioni di barili in agosto. E si pensa che crescerà di 1,2 milioni di barili giornalieri anche la domanda del 2019, nonostante le incertezze relative alle guerre commerciali tra USA e altri Paesi.
E tuttavia il calo delle scorte USA la scorsa settimana è stato inferiore alle aspettative. Ci si è fermati a -1,2 milioni di barili, contro una previsione di -3,2. Da qui la continuazione della diminuzione dei prezzi.
Prezzo petrolio e oro, come sta andando il secondo
L’oro sta vivendo una fase altalenante quest’anno. Da metà agosto è in aumento, e ora è sopra i 1250 dollari l’oncia, essendo così tornato ai livelli di luglio, ma rimanendo al di sotto di quelli toccati tra l’estate 2017 e quella del 2018.
Ieri vi era stato un brusco calo verso quota 1249. Dopo vi è stato un recupero, gli analisti raccomandano di attivare posizioni long se si dovesse rimanere sopra i 1245 dollari all’oncia, e invece una short se si scendesse sotto i 1240.
Tra le notizie economiche che potrebbero influenzare l’andamento dell’oro vi è l’inflazione USA sotto le attese. Nonostante una economia in salute e un calo delle richieste di disoccupazione superiore alle previsioni.
Fatti che potrebbero anche spingere la FED a modificare la politica dei tassi, previsti al rialzo, nel 2019.
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