Rimpasto di governo Italia: significato e cosa cambia nel 2019. Chi rischia
Nella lunga conferenza stampa di fine anno, Conte è stato interrogato dai cronisti su tantissimi argomenti tra questi anche l’ipotesi rimpasto di governo
Cos’è il rimpasto di governo in Italia
Nella lunga conferenza stampa di fine anno, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato interrogato dai cronisti su tantissimi argomenti tra questi anche l’ipotesi di un rimpasto di governo.
Rimpasto di governo: ipotesi ancora lontana
“Semmai l’esigenza maturerà in seno a una delle forze politiche e verrà comunicata all’altra. Io verrò messo a parte di questa istanza, se condivisa e auspico che non destabilizzi l’esperienza di governo. Adesso, francamente, si tratta di un periodo ipotetico del quarto grado”. Queste le parole che il premier ha dedicato alla questione. Quindi, niente di rimpasto di governo per il momento ma se ne riparlerà magari dopo l’approvazione della Legge di Bilancio e il varo dei decreti attuativi di Quota 100 e reddito di cittadinanza.
Conte ha difeso strenuamente l’«amalgama di colori» che ha dato vita all’attuale maggioranza. Un’amalgama tra giallo e verde che lui stesso ha definito “perfetta” proprio perché permette ai due colori di rimanere “ben riconoscibili e distinti”. Tuttavia, in questi mesi non sono mancati i momenti di criticità e l’esigenza di sottoporre l’esecutivo a un “tagliando” è stata manifestata sia da Luigi Di Maio che da Matteo Salvini.
Rimpasto di governo: chi rischia
In questo senso, rischia il posto, come da tempo riferiscono le indiscrezioni riportate da più parti, Danilo Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture ha perso, se l’ha mai avuta, la fiducia della Lega, soprattutto, per le uscite post Ponte Morandi; tra l’altro, l’ala movimentista dei 5 stelle ne chiede la testa per l’appiattimento sulle posizioni del Carroccio per quanto attiene l’immigrazione. Detto ciò, sul suo tavolo c’è il dossier TAV: la rimozione, in ogni caso, non potrà avvenire prima di sciogliere il nodo sull’Alta Velocità Torino-Lione.
L’altro nome che ricorre spesso in ottica rimpasto è quello del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Qui a pesare è di certo la trattativa con Bruxelles ormai conclusa ma che non ha mancato di lasciare qualche dubbio negli alti gradi pentaleghisti. Anche nel caso di Tria, però, si esclude un invito a lasciare in tempi brevi: la priorità è portare a termine il percorso della manovra; tra l’altro, il dialogo con l’Europa Tria l’ha condotto gomito a gomito proprio con Conte. Farlo fuori adesso sarebbe un duro colpo all’immagine dell’inquilino di Palazzo Chigi sempre più in sintonia col paese grazie al ruolo di mediatore che si è ritagliato.