Esistono termini del linguaggio giuridico che, tra loro, sono ben distinti ma che, nel linguaggio comune o quotidiano, sono molto spesso utilizzati – erroneamente – come sinonimi. Tra questi, vi sono i concetti di “residenza” e “domicilio“. Vediamo di seguito che cosa la legge intende con questi due termini e perché è importante non confonderli.
Che cosa è il domicilio secondo la legge e il contributo della giurisprudenza
A dare le definizioni idonee a chiarire la differenza tra residenza e domicilio ci pensa una delle fonti primarie del diritto italiano: il Codice Civile. Per domicilio, si intende il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi; mentre per residenza la legge intende il luogo in cui la persona ha la dimora abituale. Con una agevole interpretazione delle norme in proposito, è facile comprendere che il domicilio è il centro o nucleo degli affari ed interessi professionali e lavorativi (può essere, ad esempio, lo studio di un architetto o di un avvocato).
La giurisprudenza ha poi chiarito ulteriormente i contorni del concetto, delineando elemento oggettivo del domicilio (presenza oggettiva dei propri interessi e rapporti economici) e soggettivo (volontà del soggetto di stabilire in un certo domicilio il suddetto centro dei propri affari).
La tutela del domicilio secondo la Costituzione
Il domicilio è menzionato anche in Costituzione, con una definizione che però è più ampia ed è finalizzata a tutelarlo. Infatti nella Carta Costituzionale, il domicilio è inteso come inviolabile. È cioè parificato agli altri diritti fondamentali e la tutela correlata copre tutti i luoghi nei quali un soggetto esclude terzi, al fine di proteggere la propria riservatezza e di svolgere le proprie attività.
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Che cos’è la residenza secondo la legge e il correlato concetto di dimora
Residenza è concetto soltanto all’apparenza simile. Esso corrisponde al luogo in cui un certo soggetto dimora abitualmente e in cui ha l’indirizzo della sua abitazione principale. Pertanto è delineato dal fattore della stabilità nel tempo della dimora e dal fattore della volontà di restare in una certa dimora stabilmente nel tempo. Occorre però chiarire che cosa – giuridicamente – si intende per dimora. Essa è il luogo in cui un soggetto soggiorna soltanto per un breve lasso di tempo. Pertanto, la residenza si differenzia per essere dimora abituale e stabile.
I rilevanti effetti legali che discendono dalla scelta della residenza
La legge italiana impone a tutti i cittadini di fissare la propria residenza, attraverso l’apposita registrazione presso l’Anagrafe del Comune in cui si intende risiedere. Pertanto, a differenza del domicilio, la scelta della residenza è correlata ad uno specifico dovere civico. L’interessato compilerà una specifica dichiarazione ed entro 45 giorni gli agenti di Polizia Municipale dovranno recarsi all’indirizzo di residenza, al fine di verificare la veridicità di quanto dichiarato. Nel caso la residenza non sia quella reale, scatterà la sanzione della multa.
Il legislatore è particolarmente rigido nel disciplinare la residenza, perché da essa discendono notevoli implicazioni legali e pratiche. Tra esse, possiamo menzionare l’accesso ai servizi elettorali del Comune di residenza oppure la scelta del medico di famiglia.
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