Giorni massimi malattia dipendenti pubblici
Chi si assenta dal lavoro causa malattia è soggetto a visita fiscale Inps. Qualora la malattia sia di entità importante, tanto da allontanare il dipendente dal suo posto di lavoro per un lungo lasso di tempo, la domanda legittima è la seguente. A quanti giorni di malattia si ha diritto, prima che scatti il licenziamento? E come funziona la retribuzione in questi casi.
Visita fiscale Inps: giorni malattia e retribuzione, come funziona
Logicamente il numero dei giorni di malattia consentiti al massimo sono precisati dal contratto collettivo di riferimento. Quello relativo ai dipendenti pubblici fissa dunque un certo limite oltre il quale la retribuzione viene sospesa, e un altro oltre il quale può scattare il licenziamento.
A proposito di retribuzione, occorre sapere che al dipendente pubblico in malattia lo stipendio viene erogato regolarmente e integralmente al 100% per i primi 9 mesi di malattia. Per i 3 mesi successivi, invece, il lavoratore percepirà un 90% della retribuzione. Per ulteriori 6 mesi di assenza per malattia la retribuzione viene dimezzata, passando così al 50%. Abbiamo quindi contato un totale di 18 mesi, che è il periodo di malattia che prevede ancora una retribuzione. A questi 18 mesi potrebbero seguire, in particolari condizioni, altri 18 mesi di malattia, in cui però resterebbe in vigore solo l’aspettativa non retribuita. Pertanto un lavoratore che si assentasse, ad esempio 34 mesi, potrebbe avere per i primi 9 mesi una retribuzione piena, e per i successivi 9 via via sempre più ridotta. Per gli ulteriori 16 mesi, invece, la retribuzione sarebbe azzerata, ma il posto di lavoro conservato.
Tuttavia, in caso di ricovero ospedaliero o di infortunio sul lavoro, o ancora in caso di patologie gravi o trattamenti richiedenti terapie salvavita, la retribuzione non sarà ridotta.
Visita fiscale Inps: giorni malattia, limite massimo
Come riportato sopra, il limite massimo di giorni di malattia di cui il dipendente pubblico può fruire ammonta a 18 mesi. Successivamente, potrà sfruttare altri 18 mesi di aspettativa non retribuita. Questo è il periodo massimo non oltrepassabile, dopodiché potrebbe scattare il licenziamento da parte dell’azienda. A meno che il lavoratore, in base alla malattia che ha causato la sua lunga assenza, non accetti mansioni inferiori e consone alle sue condizioni, sempre in accordo con il datore di lavoro.
Questo avviene perché la legge, oltre al lavoratore dipendente, è tenuta a limitare anche l’azienda o l’amministrazione. Il primo è tutelato garantendogli un periodo di aspettativa, la conservazione del posto e, limitatamente nel tempo, una retribuzione piena. L’azienda è tutelata facendo scattare dopo un certo periodo di tempo la possibilità del licenziamento. E il venire meno pertanto di una risorsa umana improduttiva, oltre che onerosa.
Il periodo di aspettativa non retribuita può essere dato solo in particolari condizioni e spesso l’azienda può occuparsi di far effettuare accertamenti sanitari per verificare l’effettiva incapacità del soggetto malato di tornare al lavoro. Tale periodo va richiesto dal lavoratore prima della scadenza dei 18 mesi.
Visita fiscale Inps: lavoratore in malattia, come calcolare il periodo di comporto
Il periodo di comporto, ovvero quel periodo in cui il lavoratore assente causa malattia ha il diritto di conservare il proprio posto di lavoro, si calcola sommando le assenze per la malattia sopraggiunta con quelle degli ultimi 3 anni. La somma di tutti i periodi di malattia determina un risultato che va a quantificare il periodo di comporto. Tanto per fare un esempio, se si è stati assenti 15 mesi nei 3 anni precedenti e adesso si è già al terzo mese, alla fine di quest’ultimo il periodo di comporto (18 mesi) finirà. E potrà essere prolungato solo in condizioni specifiche e come aspettativa non retribuita.
Dal calcolo sopra riferito bisognerà escludere le assenze per effettuare terapie salvavita o per gli effetti collaterali delle stesse, nonché le visite specialistiche per gravi patologie; le assenze causate da infortuni sul lavoro; le assenze per gravidanza e infine i giorni di ricovero ospedaliero.
Come abbiamo scritto sopra dopo 36 mesi di assenza per malattia può scattare il licenziamento. Si precisa che quest’ultimo, per essere legittimo, dovrà riportare le motivazioni dello stesso, a partire dal calcolo delle assenze che hanno determinato il superamento del periodo di comporto.
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