Negli scorsi giorni due fatti politici di rilievo in Africa subsahariana hanno interessato l’attualità del continente. Parliamo da un lato dell’esito delle elezioni nella Repubblica Democratica del Congo, che hanno visto la proclamazione di Joseph Tshisekedi a presidente. Dall’altro ci riferiamo al tentativo di colpo di Stato, poi sventato, in Gabon.
Entrambi i fatti permettono di osservare in controluce le dinamiche politiche interne a questa parte del continente. Da sempre una regione dove le principali potenze globali non lesinano gli sforzi nell’imporre il proprio interesse. L’antica primazia europea e occidentale in Africa, in particolare francese e americana, sta però sempre più cedendo il passo a stati come la Cina. Nazione sempre più assetata di risorse e influenza politica sul continente.
Nella R.D.C. viene eletto Tshisekedi. Le proteste di Parigi
L’elezione nella Repubblica Democratica del Congo di Felix Tshisekedi non è ad esempio una buona notizia per la Francia. Parigi appoggiava infatti un altro candidato, l’ex imprenditore petrolifero e dirigente di Exxon Mobil Martin Fayulu. Uomo caro a Parigi poiché a favore dello sfruttamento da parte delle compagnie francesi delle ingenti risorse petrolifere della regione dei Grandi Laghi, tra le maggiori in tutta l’Africa.
Per bocca del suo ministro degli Esteri Le Drian, la Francia ha parlato di irregolarità nel voto. Anche il Belgio e la Conferenza Episcopale si sono detti scettici sui risultati espressi dalla Commissione Elettorale. Infatti, quasi tutti gli osservatori internazionali concordano nell’indicare Fayulu come vero vincitore della contesa.
Per quanto contestata, l’elezione di Tshisekedi mette fine a 18 anni consecutivi di governo da parte di Joseph Kabila. Secondo molti analisti, Tshisekedi avrebbe di fatto stipulato un patto con Kabila negli scorsi giorni, Con questo, avrebbe assicurato a Kabila una sorta di impunità rispetto a quanto commesso in termini di repressione e di appropriazione indebita di ricchezze durante il mandato quasi ventennale dell’ex presidente. La R.D.C. rimane ad oggi una tra le nazioni più povere del pianeta.
Gabon, colpo di stato sventato e situazione politica
In Gabon invece un gruppo molto piccolo di militari ostili all’attuale presidente Ali Bongo Ondimba ha cercato di prendere il potere. Gli insorti hanno cercato di approfittare dell’assenza del Presidente dal territorio, dovuta ad una malattia, impadronendosi del palazzo che ospita la radio nazionale.
Eppure, il Consiglio Nazionale di Restaurazione che avrebbero voluto fondare è durato solo poche ore. Il tentato golpe è stato sgominato dalla Guardia Repubblicana del paese. In precedenza l’Unione Africana aveva condannato gli avvenimenti. Alcuni dei militari responsabili sono stati arrestati, altri rimangono attualmente in fuga. Nel paese erano presenti i circa 900 militari inviati dalla Francia. Uomini in teoria finalizzati a difendere, in tempi di instabilità politica, i loro circa diecimila compatrioti presenti nel paese.
La Francia è da sempre strettamente alleata della dinastia Bongo, al potere nel paese dal 1967. Parigi ha condannato il colpo di Stato affermando che ogni cambiamento politico debba essere condotto all’insegna del rispetto della Costituzione. Eppure, non si è pronunciata sulla norma per la quale secondo la stessa costituzione un’assenza prolungata del presidente oltre i 60 giorni dovrebbe portare automaticamente all’indizione di nuove elezioni.
Per Parigi infatti la permanenza della dinastia Bongo al potere è una priorità. Da sempre i Bongo hanno infatti permesso la stabilità politica del paese e la continuità nell’estrazione petrolifera. Questa fa del Gabon il quarto produttore di idrocarburi dell’Africa subsahariana.
La corsa alle ricchezze dell’Africa prosegue
Risorse su cui ha da tempo puntato gli occhi la Cina, attivissima in Africa per quanto soprattutto nella sua parte orientale, cruciale rispetto all’iniziativa delle Nuove Vie della Seta. Per la quale riceve costantemente l’accusa di costruire meccanismi di indebitamento nei confronti dei paesi con cui entra in relazione. Proprio in questi giorni è in corso una visita di Stato del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi nel continente. Da anni Pechino stanzia decine di miliardi in aiuti e investimenti a numerosi paesi africani, in cambio di concessioni.
La compagnia petrolifera cinese Sinopec è ad esempio presente da anni in Gabon. Qui è impegnata in uno scontro implicito con le compagnie occidentali e francesi per il diritto allo sfruttamento delle risorse. Anche qui, ogni cambiamento politico potrebbe essere decisivo per orientare in un senso o nell’altro i rapporti di forza. Ecco perché la Francia è fortemente per lo status quo.
Guardando all’altro scenario, la R.D.C. è uno degli Stati più ricchi al mondo in termini di materie prime presenti sul suo sottosuolo, da legno al coltan, dai diamanti all’uranio, dal tungsteno, al cadmio. Per non parlare del petrolio. L’elezione di Tsishekedi potrebbe significare un punto di svolta nella collocazione internazionale del paese. A Pechino ad esempio guardano con attenzione agli ultimi sviluppi, che potrebbero portare a interessanti novità.