Rischio povertà per dipendenti e pensionati in Europa – le infografiche
Rischio povertà in Europa. I dipendenti italiani sono secondi solo a quelli spagnoli, va meglio ai pensionati. In questo caso siamo a metà classifica
Il rischio che un cittadino possa finire in una condizione di indigenza è tra gli indicatori che nella Ue sono valutati in modo più frequente nelle statistiche.
Si tratta di misurare la percentuale di quanti hanno un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale.
E non sono pochi in effetti. Nelle nostre infografiche analizziamo in particolare quanti sono tra i dipendenti e i pensionati, e come sono cambiati negli anni.
Tra i primi l’Italia era nel 2017 al secondo posto in Europa, con il 10,1% di chi lavorava come dipendente al di sotto della soglia di povertà relativa. Prima la Spagna con l’11,5%. Veniva poi la Bulgaria e forse a sorpresa la Germania.
Sono Paesi con lavori spesso precari e mal pagati, e se perlomeno la Germania può vantare una alta occupazione, Italia e Spagna non possono dire lo stesso.
Negli anni c’è stato un aumento generalizzato, ma più evidente in Italia. Probabilmente dovuto anche alla crescita dell’occupazione, che si si è manifestato spesso in lavori poco pagati come sappiamo.
Rischio povertà, per i pensionati italiani va un po’ meglio che a quelli di Germania o Svezia – infografiche
Se ci spostiamo sui pensionati, possiamo dire che come Italia siamo messi meglio. Sono il 12,7% coloro che sono sotto la soglia di povertà. Molto meno del 17,5% tedesco, del 19,1% inglese, del 16,2% svedese, per nominare aree comunque avanzate.
Nei Paesi Baltici si sale molto più in alto, fino al 46,1% estone, ma è notevole anche il 32,1% bulgaro.
Sono valori che dipendono molto dalle diverse legislazioni pensionistiche. In diversi luoghi le pensioni minime sono bassissime o non esistenti, e le regole di concessione della pensione di reversibilità sono un po’ ovunque più rigide che in Italia.
Vi sono però Paesi in cui vi sono meno pensionati poveri che da noi. Per esempio in Francia, dove rappresentano solo il 7%, o in Ungheria, Slovacchia, Grecia e Danimarca, dove si rimane sotto il 10%.
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