Opel minuetto adagio e senza brio. Di Gobettiano
Si legge che la OPEL avrebbe in cassa munizioni fino alla fine dell’anno. E non essendo bastati i troppi mesi fin qui trascorsi, il Governo tedesco ipotizza che le ‘trattative Opel dureranno “un po’ di tempo’. Ed il tempo prezioso fin qui sprecato non è l’unica nota negativa della vicenda, essendoci complicazioni su tutti i tavoli di trattativa ove di tutto sembra si parli meno che dell’interesse di OPEL.
[ad]Il governo tedesco prediligerebbe Magna la cui offerta è stata però respinta da General Motors (proprietaria di OPEL) che, quanto meno, vorrebbe ancora dei chiarimenti e quindi sta conducendo colloqui con il Governo Tedesco, con i sindacati, con l’altro pretendente RHJ. Il Governo tedesco a sua volta pare intenzionato ad ammorbidire la sua opposizione al gruppo finanziario RHJ se esso si alleasse con un partner attivo nel settore auto.
Ed ancora, il Consiglio d’Amministrazione delle ‘nuova’ General Motors uscita dal Chapter 11 (fallimento) parrebbe orientata a ristrutturare in proprio la OPEL con la quale intrattiene assai fitti legami di partneship tecnologica. Ma poco prima, pareva che General Motors prediligesse l’offerta RHJ che avrebbe potuto acquisire OPEL, ristrutturarla e poi, in futuro, rivenderla nuovamente a General Motors.
E FIAT? In persona del Presidente Montezemolo e dell’AD Marchionne hanno ribadito che l’interesse FIAT rimane, che il piano presentato non sarà modificato ma si riservano di riparlarne nel caso di fallimento delle attuali trattative in corso con i protagonisti prima indicati.
Il risultato è una confusione davvero inaspettata che sta a denotare una preoccupante assenza di chiarezza da parte del Governo tedesco che involge non solo intuibili questioni di politica interna dovuti alla elezioni di Settembre, ma anche questioni di delicata politica internazionale dal momento che la MAGNA è affiancata nell’offerta per OPEL dalla banca russa Sberbank e dall’oligarca Oleg Deripaska. Ma pare regnare una grave mancanza di strategie da parte di General Motors. Senza che siano state minimamente rimosse le perplessità sull’opportunità di ritenere MAGNA ed RHJ solidi e credibili possibili acquirenti di OPEL.
Il mercato dell’auto come fino ad oggi conosciuto e strutturato è destinato a cambiare radicalmente. Se prima della crisi il mercato tirava ma l’utilizzo degli impianti non superava una media dell’85% evidenziando un eccesso di capacità produttiva, oggi l’utilizzo degli impianti è nettamente peggiorato fino ad u modesto 65% circa. La valutazione proviene da Sergio Marchionne. La crisi ha anche impattato sui modelli di consumo aprendo la strada a vetture piccole, tecnologicamente avanzate, sicure, parche nei consumi, modeste nelle emissioni, brillanti e dalla manutenzione assai economica ed economiche nel costo d’acquisto. Alcuni governi, come quello USA stanno spingendo per l’auto elettrica e per le energie alternative.
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[ad]Una rivoluzione o poco meno che non potrà che essere prima di tutto concettuale e quindi concretizzarsi innovando, cambiando in profondità il mestiere di produttore di auto dalla progettazione alla commercializzazione con tutto quel che c’è in mezzo. Le risorse necessarie sono immense e son compatibili solo con volumi di produzione elevati tanto più se si considera il basso margine di profitto unitario che le piccole vetture consentono. Ma parliamo di una rivoluzione che passerà attraverso concentrazioni, riduzioni di organici, chiusura di impianti e, potrebbe ben darsi, scomparsa di qualche marca. Lo stesso Marchionne parla di una soglia di sopravvivenza per produttori generalisti di 6 milioni di auto prodotte. Negli USA il processo è già forzosamente cominciato con la terribili crisi di GM e Chrysler e di FORD che pare essere tornata in area profitto. E fa scalpore la chiusura di un impianto della Toyota mito dell’industria dell’auto.
Rispetto a questi scenari, i competitori Magna ed RHJ appaiono piuttosto incongruenti e, soprattutto nel caso di Magna focalizzati non su scala globale come sarebbe necessario ma sul mercato russo nel quale conta alleanze con Sberbank ed un socio industriale, Oleg Deripaska un bel po’ sgarrupato per i danni subiti dalla crisi. E con il mercato russo devastato dalla crisi ed in caduta del 50%. Pensare ad una prospettiva strategica per Opel fconcentrata nella difficilissima Europa ed in Russia e con soglie di produzione ben lontane da una razionale massa critica, è quanto meno azzardato. E’ assai opinabile poter immaginare che la OPEL possa vivere da sola. Se si aggiunge che il mestiere di fare auto e venderle non è il mestiere di Magna, credo sia fondato sollevare dubbi e perplessità.
C’è chi osserva che FIAT, come nel caso Chrysler e come sua tradizione in Italia vuole affrontare anche la sfida OPEL con i quattrini degli stati. La partita, indipendentemente da FIAT è politica, è divenuta politica e chiunque la giochi non potrà non tenerne conto. Ma chi abbia frequentato il mondo dell’auto sa bene che le connessioni di questa industria con la politica non sono né un’esclusiva italiana né un’esclusiva FIAT. Piuttosto FIAT, forte stavolta di un management dalle idee chiare e dotato di una nitida strategia, possiede un know-how tecnologico prezioso per i motori, è fortissima nella auto piccole, è in pieno dinamismo con l’impressionante serie di accordi di partnership che ha concluso in giro per il mondo ed altri che sono in gestazione e non può in nessun caso rimanere immobile. Quello che passa il convento del mercato mondiale è questo e Marchionne a cui compete la sopravvivenza e lo sviluppo della FIAT lo ha visto come un’opportunità di giocarsi la partita. E gioca come deve, come player globale, con le carte in regola ed i mercati che gli danno ragione e soddisfazione in termini di volumi e quote di mercato. E prevedibilmente, di profitto.
A proposito di concorrenza, liberismo e mercato che troppo spesso si evocano quasi solo quando si parla di FIAT sarebbe interessante conoscere le reazioni di chi vede in FIAT un’impresa simil-statale nel momento nel quale in esecuzione della sua strategia l’Azienda dovesse decidere di chiudere qualche impianto italiano come è assai probabile che accada a Termini Imerese.
di Gobettiano ed il suo omonimo Blog su “LaStampa.it”.