Assegno circolare su Whatsapp, la nuova truffa
Di truffe sul conto corrente ne abbiamo già parlato diverse volte, così come di quei raggiri perpetrati via WhatsApp. Se da un lato la tecnologia ha migliorato molti aspetti della nostra vita quotidiana, una piccola parte di questa è usata dai truffatori per rubare soldi alle vittime malcapitate e ingenue. Tra le ultime truffe che hanno a che vedere con WhatsApp e il conto corrente, spicca quella dell’assegno circolare. Una truffa che spesso, però, vede anche la complicità dell’impiegato che si trova allo sportello bancario.
Conto corrente: truffa assegno con WhatsApp, come difendersi
Cerchiamo un’auto da comprare su uno di questi siti in cui si vende praticamente di tutto. Ne troviamo una al prezzo che fa al caso nostro, quindi contattiamo il venditore. Ci mettiamo d’accordo, finché il venditore non dice che come pagamento accetta solo quello con assegno. E la prova di tale pagamento dovrà essere una foto dell’assegno già compilato. L’acquirente, dall’altra parte, forse storce un po’ il naso, ma la convenienza dell’affare lo prende per la gola, e poi una foto a un assegno che sarà mai, se non una semplice prova di affidabilità.
Il venditore, che in realtà è il truffatore, riceve dunque la foto dell’assegno già compilato. Lo stampa e si reca alla banca a incassarlo, spesso con la complicità (o grazie all’inadeguatezza) di uno sportellista. L’acquirente intanto tenta di contattare il venditore, ma invano. E quando va a controllare quanto gli resta sul conto corrente, scopre l’amara sorpresa.
Conto corrente: truffa assegno WhatsApp, come tutelarsi
Come riporta Repubblica, l’episodio sopraccitato è una truffa che era in voga soprattutto pochi anni fa, ma che ancora oggi miete vittime. Di chi è la responsabilità? Delle banche, in buona parte. I movimenti e le associazioni a difesa dei cittadini, così come i portali di informazione legale come Ridare, ribadiscono le linee guida inviate dall’Abi alle banche su come riconoscere le falsificazioni e fermarle in tempo.
Non gioca solo la carta degli assegni, ma anche l’incrocio di informazioni tra le banche. Spesso la banca è colpevole per metà ed è quindi tenuta a rimborsare il cliente del 50%, mentre l’altra metà è scaricata sul cliente, reo della propria ingenuità. Anche in una truffa del genere come l’abbiamo riportata sopra, sebbene la banca abbia tutti gli strumenti per fermare le falsificazioni e valutare attentamente le eventuali alterazioni.
D’altro canto, spetta ai clienti non cascare in questi tranelli, cercando sempre di optare per la regolarità delle operazioni e nell’evitare transazioni a distanza che si basano su qualcosa di sospetto.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it