Il rallentamento della crescita mondiale non poteva non avere delle conseguenze anche sull’Italia, che è uno degli anelli fragili dell’economia.
E l’Istat puntualmente ha certificato un brusco stop al nostro commercio estero. I dati parlano chiaro. Tra novembre e dicembre le nostre esportazioni al di fuori dell’Unione Europea sono calate del 5,8%.
Per fortuna se esaminiamo i tre mesi tra ottobre e dicembre a paragone con quelli tra luglio e settembre permane il segno più. Rimane infatti una crescita del 2,8%.
Esportazioni Italia, resistono i beni durevoli
In particolare dopo l’energia, che fa storia a sè, sono i beni strumentali, su cui siamo sempre andati forti, che hanno segnato a dicembre un passo indietro pesante, con un -9,5%. Giù anche i beni non durevoli, -3,2%,e quelli intermedi, -2,4%.
Minore il calo dell’export dei beni di consumo, -1,8%, mentre cresce ancora quello dei beni durevoli, +4,4%. È l’unico ambito in cui è andata meglio a dicembre che nei tre mesi precedenti, quando invece era aumentata molto l’esportazione dei beni non durevoli e di consumo.
Ma il dato più significativo, visibile anche nelle curve del grafico di seguito, è la divergenza dei trend dell’export e dell’import. Il secondo a dicembre cala solo del 2,2%, ma è da metà anno che le esportazioni non seguono i passo delle importazioni. A dicembre il saldo positivo dell’Italia si è ristretto a un miliardo e 747 milioni
Esportazioni Italia, giù gli acquisti cinesi
Una delle ragioni per il calo delle nostre esportazioni a dicembre è il calo degli acquisti da parte della Turchia. L’economia turca da tempo soffre per una moneta che si è svalutata rispetto all’euro e non è poi riuscita e riprendersi fino ai livelli precedenti. Questo provoca minori importazioni nel Paese. A dicembre rispetto al mese precedente sono calate del 32,9%, e da sola la Turchia ha contribuito per quasi il 2% alla variazione negativa dell’export italiano.
Secondo in ordine di importanza il contributo delle minori importazioni americane, calate del 5,6%.
Abbiamo sofferto anche per un calo del 15,2% dell’export verso la Cina, che sta rallentando da tempo la propria crescita impetuosa, e produce internamente molti prodotti, anche avanzati, un tempo importati.
Giù dell’8,3% le esportazioni verso i Paesi OPEC, che hanno sofferto del calo del prezzo del petrolio nel 2018.
Esportazioni Italia, Svizzera e USA i nostri clienti migliori
Al contrario sono aumentate del 7,5% le esportazioni verso la Svizzera. Si tratta del contributo positivo più importante.
Sono poi cresciute le importazioni da USA, Cina e Russia, e non di poco. Si segnalano rispettivamente un +33%, un +18,3% e un +20,5%.
A livello di saldi commerciali rimangono nonostante tutto gli USA il Paese verso cui vantiamo il maggior avanzo mensile, di due miliardi e 514 milioni. Chiaramente i possibili futuri dazi potrebbero ridurre questa cifra, ma forse è ancora presto per dirlo.
Dopo gli USA vi è a Svizzera, verso cui il saldo positivo è di 935 milioni di euro al mese. C’è poi il Giappone, con 290 milioni, i Paesi ASEAN, del Sud Est asiatico, con 217, l’India, con 122.
Al contrario siamo in pesante disavanzo con la Cina, per un miliardo e 153 milioni. Ma anche con la Russia, per 727 milioni, e l’OPEC, per 503.
Pesano qui gli approvvigionamenti di materie prime, di petrolio e gas chiaramente.
L’export è quello che ha trainato l’Italia soprattutto nei periodi di crisi, quando era l’unica voce non negativa, quando consumi e investimenti erano in crollo.
Negli ultimi anni le cose erano cambiate. Nel 2017 sono stati proprio questi a guidare la ripresa, ma se nel 2019 veramente rischiamo la recessione o la stagnazione, anche per i minori scambi commerciali, diventerà essenziale allora provare a fare in modo che almeno i consumi e gli investimenti non crollino di nuovo. Ma non sarà facile
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