Origini della crisi dal lato delle imprese e le nuove imprese
Origini della crisi dal lato delle imprese e le nuove imprese
di Gobettiano ed il suo omonimo Blog su “LaStampa.it”.
E’ il tempo che allontanandoci dagli eventi consente di allargare la visione aiutando a capire le origini della crisi attuale. La crisi finanziaria comunemente viene attribuita ad un eccesso di finanza e di cattiva finanza, e dall’inadeguatezza di norme non congrue all’innovazione finanziaria e da inefficienti controlli delle autorità istituzionali di controllo e regolazione:
[ad]Derivati e prodotti strutturati i veicoli del contagio. La generalizzata cultura della finanza non è però nata dalla testa di Giove e proprio il tempo consente di diradare le nebbie ed individuare macro-eventi economici che direttamente o indirettamente hanno man mano costruito una certa cultura dalla cui generalizzata applicazione sono scaturiti gli eventi che ci hanno portato fin qui.
Tra i tanti che studiano gli eventi generatori della crisi merita di essere segnalato il Prof. Franco Rebuffo, epistemologoe Presidente di Alétheia il quale del panorama di eventi accaduti prima della crisi e che hanno contribuito a determinarla, enfatizza il comportamento delle imprese.
Gli anni 90 hanno generato profonde trasformazioni nel modo di fare impresa, nate sulla scia dei radicali mutamenti imposti dalla globalizzazione. Agli albori del fenomeno le aziende si trovarono di fronte ad una crisi dei profitti indotta dall’eccesso di diversificazione dei prodotti. La conseguenza era una crescita immensa degli apparati produttivi, delle strutture industriali, commerciali e manageriali necessarie a gestire questa sorta di elefantiasi (tanto per capirci). La crisi dei profitti conseguente mostrò la necessità di rapidi cambiamenti nei modelli di business, nel modo di produrre, nell’organizzazione e nell’approccio stesso alla strategia. A quel periodo risalgono o si diffondono in modo generalizzato concetti ed organizzazioni quali quello di core business, di lean production (produzione snella), focalizzazione sulle economie di scala, il reengineering di processo (reingegnerizzazione) ed altro ancora.
Tutto questo fermento strategico, organizzativo e concettuale ha determinato conseguenze assai rilevanti, tali da consentire enormi progressi in termini di efficienza e di radicale riduzione dei costi con ricadute positive sui prezzi ed ancor di più in termini di remunerazione a breve termine del capitale investito. Da un approccio siffatto sono scaturite anche conseguenze meno positive: aziende focalizzate su pochi prodotti, altamente specializzate sono aziende strutturalmente poco flessibili e poco diversificate. Il combinato disposto di scarsa flessibilità e poca diversificazione, rende la posizione dell’azienda nel mercato più rischiosa. Se essa, in caso di crisi non è rapidamente flessibile a cambiare la sua struttura o la sua produzione, se non è in grado di seguire il mercato è fortemente esposta al rischio di andamenti negativi. Le aziende erano ben consapevoli di tutto questo ed hanno tentato di tutelarsi dalla maggior rischiosità non attraverso il classico metodo della diversificazione dei prodotti, ma attraverso una diversificazione del portafoglio cioè attraverso una diversificazione nell’allocazione delle loro risorse.
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