Contratto di locazione 2019: durata, regole e clausole

Pubblicato il 30 Gennaio 2019 alle 14:17 Autore: Claudio Garau

Che cos’è il contratto di locazione e da quali regole è disciplinato. La rilevanza del fattore durata nell’accordo tra le parti.

Contratto di locazione 2019, durata, regole e clausole
Contratto di locazione 2019: durata, regole e clausole

Conosciamo tutti la diffusione del cosiddetto contratto di locazione nella vita quotidiana di molte persone, che se ne avvalgono nelle forme consentite dalla legge. Vediamo nello specifico quali regole lo disciplinano e quali finalità ha.

Contratto di locazione: definizione e tratti essenziali

Secondo la lettera del Codice Civile, il contratto di locazione è un accordo con cui una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo. Tale contratto attribuisce un diritto personale di godimento e trasferisce la mera detenzione della cosa locata a titolo oneroso. In pratica, con una locazione i contraenti manifestano in forma scritta, giuridicamente valida, le caratteristiche dell’accordo raggiunto. Dal punto di vista tecnico, tale contratto fa scaturire effetti obbligatori e non reali; ciò in quanto l’atto in sè non trasferisce un diritto reale, ma piuttosto determina l’insorgere di un obbligo in capo alle parti. Si parla di titolo oneroso, dato che un soggetto riceve il godimento e la detenzione della cosa locata in cambio di un corrispettivo in denaro (il cosiddetto canone di affitto).

La scelte di quali e quante clausole inserire nel contratto, è libera per le parti. Però, in sintesi, è opportuno chiarire che ci sono alcuni elementi essenziali che, per la validità del contratto, non possono mancare. Essi sono: l’indicazione del bene; il prezzo del canone; la data di stipula dell’accordo; le generalità delle parti e, non meno importante, la durata dell’accordo di locazione. Soffermiamoci ora sull’aspetto della durata, visti i rilevanti risvolti pratici che esso comporta.

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Contratto di locazione: cosa dice il Codice Civile sulla durata

Bisogna subito chiarire che il codice, a proposito della durata, non dice molto. Semplicemente, si limita a stabilire il limite massimo di durata, pari a 30 anni. Pertanto è sancito anche che laddove la locazione sia fissata per un lasso di tempo superiore o addirittura all’infinito, è ridotta al suddetto termine trentennale (vedi in proposito l’art. 1573 del Codice Civile). Per quanto riguarda la durata minima, il legislatore invece non stabilisce alcunché. Ne consegue che le parti sono liberissime, nel rispetto del principio di autonomia privata di tipo contrattuale, di decidere, come meglio credono, la durata del contratto. Ciò però nei limiti di quanto detto sopra. Potranno cioè modulare la clausola contrattuale relativa alla durata, secondo accordi convenuti tra loro.

Contratto di locazione: che succede in caso di assenza della clausola sulla durata

La legge è di supporto, però, nel caso i contraenti non stabiliscano una specifica clausola sulla durata. Infatti, attraverso l’art. 1574 del Codice Civile, la durata può intendersi comunque stabilita in un anno, nel caso di case non arredate o di locali da adibire a studio per l’esercizio di una professione o ad un’industria o a quelli ad uso commerciale. Oppure la durata può fare riferimento alla stessa unità di tempo a cui è commisurato il canone di locazione (nell’ipotesi di camere o di appartamenti dotate di mobili). 

Facendo un rapido esempio: se in un contratto di locazione, è fissato un canone di locazione trimestrale pari a 800 euro, laddove non sia indicata la durata, essa è fissata facendo riferimento al tempo stabilito per il canone (cioè 3 mesi). Un ragionamento simile è previsto riguardo alla locazione di beni mobili; dato che anche qui si farà riferimento alla stessa unità di tempo a cui è commisurato il canone di locazione. 

Contratto di locazione: la durata in caso di beni immobili e la legislazione speciale in merito

È necessario ricordare che, per quanto riguarda la locazione dei beni immobili, le regole civilistiche hanno funzione residuale, rispetto a quanto previsto dalla legislazione speciale. Infatti, vista la delicatezza della tematica, il legislatore, nel corso del tempo, ha ritenuto opportuno fare degli interventi ad hoc. Si tratta in particolare della legge n. 372 del 1978 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani). Tale provvedimento normativo ha distinto la durata della locazione, a seconda che l’immobile oggetto del contratto, sia utilizzato a scopo abitativo oppure per uno scopo diverso. Esaminiamo i due casi.

Per quanto riguarda l’immobile adibito a uso abitativo, a canone libero (cioè un canone stabilito in piena libertà dalle parti), la legge speciale suddetta fissa una durata minima di 4 anni; i quali possono essere rinnovati per lo stesso lasso di tempo. Venendo ad un esempio pratico, se i contraenti hanno stipulato una clausola in cui è prevista una durata inferiore oppure non hanno previsto alcuna clausola sulla durata, quest’ultima è comunque pari a 4 anni. Nel caso invece di locazione con canone concordato (e cioè stabilito sulla base degli accordi tra le associazioni più rappresentative a livello locale dei proprietari e degli inquilini), la durata minima è di 3 anni; rinnovabili automaticamente di altri 2 anni alla scadenza. Pure in queste circostanze, laddove nel contratto sia prevista una diversa durata oppure nessuna durata, il contratto è da ritenersi fissato per 3 anni.

Veniamo ora al caso dell’immobile non adibito ad uso abitativo. Per tali locazioni, relative ad usi di tipo industriale, commerciale e artigianale o all’esercizio abituale e professionale di una qualsiasi attività di lavoro autonomo, la legge speciale del 1978 ha fissato che la durata non può mai essere inferiore a 6 anni. Tale locazione può essere rinnovata per lo stesso lasso di tempo. Anche qui, laddove nel contratto ci sia una durata inferiore o nessuna durata, essa è da intendersi pari a 6 anni.

In conclusione, è opportuno ricordare che per quanto riguarda la durata dei contratti di locazione di beni mobili, non vale la legge speciale, bensì il solo Codice Civile.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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