Assegno di mantenimento al coniuge con divorzio: presupposti e calcolo
Che cos’è l’assegno di mantenimento, quali finalità ha e con quali criteri è determinato dal giudice. L’evoluzione giurisprudenziale in merito.
La possibilità che uno degli ex-coniugi versi un assegno di mantenimento, in caso di rottura del legame matrimoniale, è un argomento sicuramente attualissimo. Vediamo allora che cosa dice la legge sulla quantificazione del relativo importo e il rilevante contributo giurisprudenziale in merito.
Assegno di mantenimento: che cos’è, finalità e presupposti
Preliminarmente occorre chiarire che cosa sia un assegno di mantenimento, anche detto assegno divorzile. Esso non è altro che una quota in denaro che un ex-coniuge versa all’altro, conseguentemente ad una sentenza di divorzio che lo abbia disposto. Non è infatti obbligatorio che il giudice lo imponga ad una delle parti. In origine la funzione dell’assegno di divorzio era da rintracciarsi nel consentire al coniuge destinatario, la conservazione del tenore di vita del matrimonio (quindi un pari status economico).
Le norme civilistiche che disciplinano tale strumento sono collocate nella cosiddetta legge sul divorzio (legge n.898 del 1970, su cui poi è intervenuta la successiva legge n. 74 del 1987). Il diritto di un ex-coniuge di percepire l’assegno in oggetto – a seguito della sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio – si fonda sulla necessità che abbia un aiuto economico periodico, in tutte le situazioni in cui non abbia mezzi adeguati all’indipendenza economica o non possa procurarseli per ragioni oggettive.
Appare il caso di accennare che, comunque, il presupposto dell’assegno di mantenimento resta comunque una precedente pronuncia di sentenza di separazione, passata in giudicato, in caso di separazione giudiziale. In caso invece di separazione consensuale, è necessaria la cosiddetta omologa della separazione. Tali sentenze sono antecedenti alla sentenza di divorzio.
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Assegno di mantenimento: quali criteri userà il giudice per quantificarlo
Occorre subito ricordare che non esistono tabelle specifiche con cui calcolare quanto spetta ad un ex-coniuge. Tutto è rimesso alla valutazione soggettiva del giudice che, però, dovrà servirsi di alcuni criteri guida, stabiliti dal legislatore. Egli pertanto, quando deciderà a chi spetta e quanto spetta, dovrà fare riferimento alle condizioni dei coniugi, alle ragioni della decisione e al contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare. Inoltre dovrà tenere conto della durata del rapporto matrimoniale e dell’età dell’avente diritto.
La giurisprudenza ormai è concorde nel dare all’assegno di divorzio una ruolo prettamente assistenziale, superando l’orientamento precedente che, in pratica, dava all’assegno di mantenimento una funzione di rendita di posizione; ciò in quanto lo legava troppo strettamente al tenore di vita durante il matrimonio. Quello che rilevava era quindi soprattutto la comparazione delle condizioni economico-patrimoniale dei coniugi.
Con la sentenza sentenza n. 18287 del 2018, la Cassazione ha definitivamente superato questa impostazione e, riavvicinandosi ai diritti affermati nella nostra Costituzione, ha sancito la funzione assistenziale dell’assegno di mantenimento; riconoscendo all’ex coniuge il diritto all’assegno di divorzio, nei casi in cui non abbia mezzi “adeguati” e non possa procurarseli per ragioni obiettive. In quest’ottica, assumerà allora rilievo, nel quantificare l’assegno di mantenimento, anche la valutazione delle condizioni del mercato del lavoro locale, dell’età dell’avente diritto e delle sue potenzialità professionali.
Assegno di mantenimento: casi di esclusione
Alla luce di queste considerazioni, appare scontato che anche il marito possa risultare avente diritto all’assegno. È un’ipotesi non frequentissima, ma non impossibile. La quale può verificarsi quando, ad esempio, la ex-moglie abbia un impiego stabile e ben remunerato e il marito invece risulti disoccupato. Nel caso però emerga che l’ex-coniuge non si sia impegnato a sufficienza nella ricerca di un lavoro, il giudice potrà revocare il suddetto assegno. Altri casi in cui è escluso l’assegno, sono collegati alla violazione di norme inerenti i doveri coniugali: tradimenti confermati, abbandono del tetto coniugale e violenza.
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