Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: formula e opposizione
In che cosa consiste il procedimento ingiuntivo. Quali sono le sue fasi e le problematiche. Le novità del ddl 755/2018. I dettagli.
Il decreto ingiuntivo rappresenta un titolo con il quale, in presenza di determinati requisiti, si può far valere un proprio credito in tempi celeri.
La particolarità del procedimento ingiuntivo sta infatti nella maggiore celereità e agevolezza con le quali il titolare di un diritto può rifarsi sul debitore, rispetto all’instaurazione di un procedimento ordinario.
Si articola in due fasi. La prima, che si apre con l‘iniziativa del creditore, è senza contraddittorio e si conclude con l’emanazione del decreto ingiuntivo da parte del giudice. La seconda invece è solo eventuale e si attiva qualora il debitore decida di fare opposizione al decreto ingiuntivo. In seguito all’opposizione, si instaura un procedimento del tutto analogo a quello ordinario.
Con il decreto il giudice ingiunge al debitore di pagare la somma entro il termine di 40 giorni dalla sua notificazione. Entro tale termine può essere proposta l’opposizione e se ciò non avviene, alla scadenza il decreto acquista efficacia esecutiva. Ciò significa che si potrà procedere all’esecuzione forzata.
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Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo
In ipotesi eccezionali il giudice può concedere al decreto ingiuntivo la provvisoria esecutività, anche prima del decorso dei 40 giorni. L’istanza deve provenire dal ricorrente al momento della pronuncia del decreto o in fase di opposizione. Ciò avviene quando la prova del credito vantato sia particolarmente qualificato (per esempio perché basata su cambiale, assegno o atto notarile) o quando vi sia il pericolo di “un grave pregiudizio nel ritardo” del pagamento.
I problemi della normativa attuale
L’attuale sistema di recupero crediti è senz’altro piuttosto lento e farraginoso. Molto spesso il tempo trascorso tra il deposito del ricorso da parte del creditore e l’emanazione del decreto ingiuntivo è assai lungo e l’enorme mole di provvedimento da esaminare portano spesso all’ingolfamento dei tribunali.
Rispetto all’obbiettivo prefissato di garantire un recupero celere dei crediti, vi è sicuro una grande disfunzionalità, che contrasta con il principio cardine dell’effettività degli strumenti di tutela processuale.
Da tempo quindi si richiede uno snellimento e semplificazione della normativa attuale.
Il decreto ingiuntivo e il ddl 755/2018
Attualmente è in corso d’esame alla Commissione giustizia del Senato, un disegno di legge che mira ad introdurre il c.d. procedimento monitorio abbreviato. Si tratta del ddl 755 presentato dal senatore leghista Andrea Ostellari.
Visto che nell’emanare un decreto ingiuntivo, molte volte il giudice compie per lo più un’attività meramente accertativa dei presupposti di legge, con il nuovo art. 656 bis si vorrebbe dare al difensore del creditore il compito di accertare la sussistenza di tali presupposti e di emanare lui stesso l’atto di ingiunzione. Con tale atto egli intimerebbe l’altra parte di pagare la somma di denaro dovuta entro 20 giorni, con l’avvertimento di dover proporre l’opposizione entro tale termine, pena l’esecutitività dell’atto. Ciò significa poter procedere in tempi molto più celeri al pignoramento dei beni.
Il panorama internazionale
Lo snellimento del procedimento ingiuntivo è un’esigenza presa in considerazione da diversi ordinamenti e anche a livello europeo ed internazionale. Si ritrova nella normativa tedesca, dove esso assume un carattere molto più automatizzato e standarizzato ma anche in quella inglese.
A livello comunitario vi sono poi i Regolamenti CE 1896/2006 e Regolamento UE 2421/2015, che hanno visto la nascita dell‘ingiunzione di pagamento europea, procedimento molto snello e standardizzato che permette l’ottenimento di un titolo esecutivo in tempi assai ridotti.
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