Maschere di Carnevale 2019: veneziane, tradizionali e nomi. Quali sono
Maschere di Carnevale 2019: le maschere tradizionali e più famose regione per regione e i costumi e le maschere classiche del Carnevale di Venezia
Una maschera è un volto finto. Può coprire tutta la testa o l’intero viso o solo la sua parte superiore. Ogni regione in Italia ha una maschera tradizionale di Carnevale.
Le maschere di Carnevale hanno diverse origini: sono nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell’arte; sono eredità di tradizioni arcaiche oppure sono state ideate proprio come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di diverse città.
Maschere di Carnevale 2019: tradizioni e origine
Le maschere tradizionali di Carnevale non sono nate volutamente per questa festa, ma per il teatro. Il trionfo delle maschere, in Italia, si deve alla Commedia dell’arte tra il Cinquecento e il Settecento.
Gli attori di questo particolare teatro, caratterizzato per l’improvvisazione e la spontaneità, impersonavano soggetti con precise caratteristiche, tanto che l’attore e perfino il suo nome si confonde con quello della maschera. C’era l’avaro, il cavaliere galante, il servo astuto e l’imbroglione e ecc.
Il nome della maschera arriva a cancellare quello dell’attore, per esempio: Pantalone e il Dottor Graziano erano i due “vecchi”; gli “zanni” o “zani” erano di regola i servi (Brighella, Arlecchino, Mezzettino, Truffaldino, Trivellino, Stoppino, Zaccagnino, Pedrolino, Frittellino, Coviello, Francatrippa, Scapino ecc.); poi c’erano le servette che di solito parlavano toscano (Smeraldina, Pasquetta, Turchetta, Ricciolina, Diamantina, Corallina, Colombina ecc.).
Altri personaggi sono ancora maschere vere e proprie (per es. il “capitano”). Queste maschere, anche modificando il costume secondo il tempo e il luogo, rimangono essenzialmente identiche negli atteggiamenti, spesso militareschi e fanfaroni. Altri personaggi, invece, si possono ridurre a semplici ruoli generici: per es. il Mercante, il Notaio, il Medico, il Boia ecc.
Maschere tradizionali di Carnevale 2019: Stenterello, Balanzone, Colombina e Capitan Fracassa
Ogni regione d’Italia ha la sua maschera tradizionale. La maschera tipica della Toscana, per esempio, è Stenterello: è generoso, ma vive di stenti; è arguto e saggio e con il suo ottimismo supera le avversità della vita. Questa maschera proviene dalla Commedia dell’arte e rappresenta il popolano fiorentino di bassa estrazione, oppresso da avversità ed ingiustizie, che trova in sé sempre la forza di ridere e scherzare.
L’altra maschera toscana è Burlamacco. Questa maschera nasce nel 1930 come simbolo del Carnevale di Viareggio insieme alla sua compagna Ondina.
La maschera bolognese per eccellenza, invece, è Dottor Balanzone. Omone corpulento che ha una citazione per ogni cosa, ma colleziona anche strafalcioni. Indossa un cappello nero a larghe falde, una toga lunga e nera, una giubba e pantaloni neri. Ha sul collo un bel colletto di pizzo e un merletto bianco sui polsi. Porta calze e scarpe nere con tacco. Ha i baffi all’insù e tiene sotto il braccio un libro.
Capitan Fracassa o Spaventa o anche detto Scaramuccia è la maschera tradizionale della Liguria. Coraggioso nelle parole ma poco nei fatti. Trema e scappa al minimo pericolo. Indossa un vestito a strisce gialle e arancioni, un cappello a larghe tese, con tanto di piuma e porta la spada.
Veneziana, compagna di Arlecchino, civetta e un po’ bugiarda è la maschera di Colombina. Indossa un corpetto e una ampia gonna a balze; ha un grembiule con le tasche in cui infila biglietti d’amore; sula capo porta una “crestina” – il fazzoletto tipico delle cameriere, fermato da un nastro -. Affezionata alla sua padrona (Rosaura) tanto, che pur di renderla felice è disposta a tutto.
Arlecchino, Meneghino, Brighella, Pantalone, Gianduia e Giacometta…
Arlecchino è di Bergamo, il suo nome deriva dagli Herlequins, i diavoletti buffoni delle rappresentazioni medievali francesi. Vivace, agile e dalla battuta pronta, ma anche generoso e disponibile. Indossa un vestito di mille colori, che la madre gli ha cucito con toppa dopo toppa, di vari colori.
Il suo antagonista è Brighella. Anche lui bergamasco è attaccabrighe e imbroglione; servile con i forti e insolente con i più deboli. La sua specialità è “brigare”, cioè organizzare intrighi a favore di giovani innamorati. Veste giacca e pantaloni decorati con galloni verdi; indossa scarpe nere con i pon pon verdi e un mantello bianco con due strisce verdi. La maschera e il cappello sono neri.
Gianduia è la maschera tradizionale del capoluogo piemontese. Ama il vino, è allegro, furbo e coraggioso. Ha un capello a tre punte, un giubbotto marrone, panciotto giallo, braghe corte e scarpe con la fibbia; ha una parrucca e il codino all’insù. La sua compagna è Giacometta.
La maschera tradizionale milanese è la maschera della Commedia dell’arte di Meneghino. Abile nel deridere i difetti dell’aristocrazia, è generoso e risoluto. Indossa calze a righe orizzontali e nell’insieme ha un abbigliamento simile a quello di Gianduia.
Pantalone è il vecchio brontolone veneziano. Lamentoso e tirchio. Veste una calzamaglia rossa, indossa un mantello, le pantofole e una cuffia nera come la sua maschera.
Le maschere di Carnevale tradizionali del Lazio, della Campania e della Calabria
Giangurgolo significa “Giovanni dalla gola piena” ed è la maschera tradizionale della Calabria; è una maschera della Commedia dell’arte. Ha sempre fame e farebbe di tutto per una bella mangiata. Dal naso adunco e voce stridula è un gran fifone.
Pulcinella è la maschera tradizionale della Campania, ma è conosciuta anche fuori dall’Italia. Pulcinella è una delle maschere più popolari al mondo ed è anche uno dei simboli della città di Napoli.
Spontaneo e allegro, generoso e sempre affamato è compare di Arlecchino. Non è molto bravo a mantenere i segreti ed è un gran chiacchierone. Il suo costume è un camicione bianco con larghi pantaloni bianche; ha un cappuccio bianco in testa e una grossa maschera nera sul viso che gli copre anche il naso ricurvo.
“Er bullo de’ Trastevere, svelto co’ le parole e cor coltello” è Rugantino, la maschera più tradizionale di Roma. Il suo nome nasce dalla parola romanesca “ruganza”, ovvero arroganza. Giovane e arrogante, ma nel profondo buono e amabile, indossa un fazzoletto al collo, un gilet e una giacca di color rosso. Calza delle scarpe con grandi fibbie e porta un cappello a due punte.
Le maschere di carnevale della tradizione veneziana
Il Carnevale è la festa che proprio grazie alle maschera nasconde identità, genere e classe sociale. Nell’anonimato e dietro una maschera prende vita una delle feste più eccentriche di tutto l’anno.
“Buongiorno Siora Maschera” si sentiva urlare per i vicoli o dalle finestre in quello che è diventato uno dei carnevali più famosi al mondo: il Carnevale di Venezia.
Tra le maschere veneziane tradizionali più conosciute e usate – anche in altre occasioni – c’è la Bauta. La Bauta, la cui origine si perde nel tempo, è una maschera divenuta molto popolare dal XVIII secolo. Questa maschera veneziana, la Bauta o Larva (dal latino: fantasma o maschera) può essere una semplice maschera che copre il viso ma permette di bere e mangiare; o un costume: formato da un mantello, o tabarro, di colore scuro e un cappello a tricorno nero e la Larva.
Un’altra maschera molto antica e tradizionale del carnevale veneziano è il tabarro. Usata già in epoca romana e medievale, il tabarro è un semplice mantello, generalmente in panno, che raddoppia sulle spalle, decorato con fronzoli e frange, con un fiocco “alla militare”. Il colore del mantello poteva cambiare a seconda dell’occasione e poteva essere indossato anche dalle donne.
A Venezia, per evitare che il mantello celasse armi o oggetti pericolosi, la Serenissima fu costretta a emanare diversi decreti con pesanti pene per i trasgressori.
La maschera veneziana più amata dalle donne è invece la Moretta. La Moretta è una maschera piccola, ovale in velluto scuro, che si porta con cappellino e vestiario raffinato. La caratteristica di questa maschera è il silenzio. La maschera “muta” infatti si reggeva sul volto tenendo un bottone tra le labbra. Di origine francese, si diffuse a Venezia perché esaltava i lineamenti femminili.
La Gnaga, usata invece dai maschi, è una delle maschere classiche veneziane. Usata per permettere agli uomini di travestirsi da donna, prevede indumenti femminili e una maschera con le sembianze di gatta. Il travestimento poteva essere completato da una cesta, che si teneva sotto braccio, e che poteva trasportare un gatto vero.
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