Decreto fiscale e Money Transfer: Garante boccia la tassa “discriminatoria”
Le novità del decreto fiscale sul money transfer: cosa prevede la nuova imposta e perchè l’Antritust la considera discriminatoria
La Camera dei deputati ha approvato a dicembre la legge n. 136/2018, con la quale si è convertito in legge il decreto fiscale n.119/2018.
Pace fiscale, bonus bebè, scudo antispread, rottamazione ter,.. Tra le altre cose è stata introdotta anche un’imposta sul money trasfer.
Money transfer: cos’è
Attraverso il money transfer (o rimessa di denaro), si trasferiscono fondi espressi in moneta avente corso legale tra persone fisiche in paesi diversi. L’operazione avviene tramite istituti di pagamento o intermediari autorizzati, i più noti sono Western Union e Moneygram. Non c’è la necessità di aprire conti di pagamento da parte dell’ordinante o del beneficiario, è sufficiente l’esibizione di un documento d’identità e dei dati del ricevente. Può essere di diversi tipi. La modalità più utilizzata è la cash to cash, ma ci sono anche la cash to card e la card to cash.
In Europa il flusso di denaro spostato con money transfer è di più di 2 miliardi di euro l’anno e a farne più frequentemente ricorso sono i francesi, seguiti da noi italiani.
Essendo un servizio facilmente accessibile e dotato di una rete di distribuzione capillare, la rimessa di denaro è utilizzata molto dai lavoratori immigrati che desiderano inviare denaro nei paesi d’origine.
I problemi legati al money transfer
Per il predominante uso del contante e per le modalità di accesso al servizio, il money transfer può però rivelarsi funzionale anche per altri tipi di flussi finanziari. In particolare quelli legati al mondo dell’economia sommersa, come il riciclaggio o il finanziamento del terrorismo internazionale. Ed è proprio per la crescente quota di irregolarità individuate dalla Guardia di finanza che si è scelto di intervenire sulla regolamentazione del money transfer, al fine di individuare una normativa più stringente.
Le novità del decreto fiscale che introdurrà una tassa al money transfer
Invece di aumentare i controlli per gli invii, con la legge di conversione del decreto fiscale si è scelto di introdurre una tassa dell’1,5% al money transfer. Un emendamento della Lega accolto infatti, prevede di colpire le transazioni non commerciali superiori ai 10 euro verso Stati non dell’Unione Europea.
Il relatore del provvedimento in Senato, Emiliano Fenu del M5S, aveva spiegato che “l’obiettivo è tassare tutti i capitali che transitano da soggetti simili ai money transfer, abbiamo escluso le transazioni commerciali perché queste sono già tassate, il nostro obiettivo è quello di intercettare il contante”. Si mira quindi a fornire uno strumento incisivo all’antiriciclaggio.
La segnalazione dell’Antritrust, perplessa sul provvedimento money transfer
Il garante della concorrenza e dei consumatori (Antitrust), nell’esercizio del suo potere di segnalazione, ha espresso forti perplessità sul provvedimento ai presidenti delle Camere, al presidente del Consiglio, al Tesoro, all’Agenzia delle Entrate e a Bankitalia.
L’Antitrust critica la natura discriminatoria della nuova imposta “in quanto applicabile alle sole rimesse effettuate dagli istituti di pagamento (i cosiddetti money transfer operator), ma non dalle altre categorie di operatori che possono offrire analogo servizio, in particolare le banche italiane ed estere e Poste Italiane”. Discriminazione che rischia di alterare la competitività tra gli operatori nel settore.
L’imposta colpirebbe soprattutto i cittadini stranieri soggiornanti nel nostro paese che, come descritto anteriormente, utilizzerebbero con maggiore frequenza money transfer per le rimesse.
Di conseguenza, l’Antritrust conclude:”Alla luce di quanto precede e considerata la rilevanza, economica e sociale, delle rimesse di denaro, l’Autorità auspica che la norma citata possa essere oggetto di opportune modifiche, tese a eliminare i descritti effetti discriminatori tra operatori attivi nell’offerta di servizi di rimessa di denaro e a ripristinare le condizioni per un corretto confronto competitivo“.
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