È risaputa la diffusione che oggigiorno ha il reato di stalking (o atti persecutori), di cui abbiamo già parlato. In effetti le sue manifestazioni pratiche sono svariate. Di seguito ci occupiamo dell’ipotesi in cui tale condotta illecita si verifichi in un contesto condominiale.
Stalking condominiale: come può definirsi e il supporto della giurisprudenza
Lo stalking condominiale può essere inteso come una particolare variante e applicazione pratica dello stalking (o atti persecutori), così come definito nella disposizione apposita del Codice Penale. Tale reato si caratterizza per manifestarsi in comportamenti molesti, ripetuti e persecutori contro i vicini di casa. Tali atti comportano ansia, frustrazione e paura, con un correlato disagio psicofisico. A cui seguono modifiche alle proprie abitudini e stili di vita.
In verità, lo stalking condominiale non è espressamente previsto dalla legge: è stata la giurisprudenza ad inquadrarlo e a reprimerlo, con sentenze che hanno esaminato casi concreti di rapporti condominiali. Anzi, è possibile individuare una sentenza della Cassazione che, di fatto, ha esteso ufficialmente l’ambito di applicabilità dell’art. 612-bis (appunto il reato di stalking) all’ambito condominiale: si tratta della sentenza n. 20895 del 2011. Da essa, si è aperto un vero e proprio filone giurisprudenziale teso a tutelare tutte le persone che avessero subito atti persecutori anche da un vicino in un contesto condominiale. Non deve stupire questa linea adottata dai giudici: si sa che i condomini possono costituire terreno fertile di dissidi, rancori, antipatie e intolleranze varie, che – oltre un certo limite – possono anche sfociare in comportamenti penalmente rilevanti.
Stalking condominiale: la sentenza n. 20895 della Cassazione come apripista della tutela anche in ambito condominiale
Vediamo in sintesi la massima giurisprudenziale che può desumersi da tale pronuncia, data la sua rilevanza nei rapporti tra individui di uno stesso condominio. La Corte di Cassazione ha sancito che, nel caso in cui siano in gioco una pluralità di atti molesti e reiterati nel tempo, contro più soggetti del condominio, ciò è sufficiente all’integrazione del reato di stalking. Anzi, la suprema Corte ha ritenuto, in queste circostanze, riduttiva la previsione di cui all’articolo 612 bis del Codice Penale, laddove in esso gli atti persecutori dovrebbero indirizzarsi verso un solo soggetto. Pertanto ha concluso che il reato di atti persecutori, in ambito condominiale, ben può aversi anche qualora le condotte illecite siano a danno di più condomini. Ciò anche in mancanza di un rapporto affettivo o comunque di conoscenza o amicizia con esse, essendo appunto in gioco un mero rapporto di vicinato.
Stalking condominiale: la giurisprudenza univoca degli ultimi anni e le pene applicabili
A ribadire la rilevanza della suddetta sentenza “apripista” del reato di stalking nella sua variante condominiale, ci hanno pensato diverse sentenze degli ultimi anni. Una in particolare, del 2016, ha sancito che il reato in oggetto sussiste anche laddove un soggetto ha verso gli altri condomini un atteggiamento esasperante; e capace di causare ansia ed agitazione negli altri residenti del caseggiato. Insomma, la giurisprudenza oggi offre chiara tutela a tutte quelle situazioni in cui gli atti persecutori si manifestino, per così dire, in via “indiretta” rispetto al rigoroso dettato normativo di cui all’art. 612 bis del Codice Penale. Con ciò peraltro proteggendo la tranquillita domestica e il diritto alla privacy di chi risiede in un contesto condominiale.
Circa le pene, occorrerà fare riferimento al suddetto articolo 612 bis del Codice Penale. Pertanto avremo che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, tale condotta sarà punita con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Bisognerà però provare il nesso di causalità tra condotta persecutoria e danno psicofisico.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it