I soldi non fanno la felicità, si dice da sempre, ma senza è più difficile essere felici o perlomeno soddisfatti nella vita. Questo è quello che emerge dall’indagine dell’Istat sullo stato di soddisfazione nella vita degli italiani.
In generale c’è un certo miglioramento negli anni, forse legato alla ripresa economica, pur stentata. Tra il 2013 e il 2018 si è passati dal 35% che esprime un alto livello di soddisfazione nella vita al 41,4%.
Se usiamo una scala da zero a 10 la media del voto per la propria vita è stata di 7 nel 2018, apena di più del 6,8 o 6,9 degli anni precedenti. È calata ai minimi del 14,7% la percentuale di chi esprime una soddisfazione bassa. Si era al 18,8% nel 2013
Emergono grosse differenze in base allla condizione professionale. I più soddisfatti, con un 50% che darebbe tra l’8 e il 10 alla propria vita, sono i dirigenti e gli imprenditori, poi vengono gli studenti, con il 48,9%, i direttivi, quadri, impiegati, con il 47,4%, per poi scendere se si passa agli operai e agli autonomi. La massima insoddisfazione è quella espressa dai disoccupati. Tra cui sono più coloro che danno un voto insufficiente che uno alto alla propria vita, 27% contro 26,5%.
C’è un gap legato anche al titolo di studio. Si passa dal 48,1% di molto soddisfatti tra i laureati al 35,4% tra chi ha la licenza elementare.
Soddisfazione nella vita, come cambia in base all’età
I cambiamenti del livello di soddisfazone nella vita sono meno evidenti, ma sono presenti anche se decidiamo di distinguere in base all’età.
I più felici appaiono gli adolescenti. Il 53,4% di essi si dice molto soddisfatto, mentre si scende al 36,2% dopo i 75 anni. C’è tuttavia una sostanziale stabilità intorno al 40% tra i 45 e i 74 anni. Con un leggero peggioramento tra i 55 e i 64 anni.
È un peggioramento che in passato era anche più evidente. Nel 2017 infatti tra i 45 e i 64 anni il grado di soddisfazione era minore che tra i 65-74enni.
Soddisfazione nella vita, il caso inglese
Ora c’è stato un riallineamento, ma all’estero è un tema da tempo discusso. Nel Regno Unito l’Istituto di Statistica ha svolto un’indagine analoga, in cui si è evidenziato come proprio intorno ai 50 anni viene raggiunto il minimo della soddisfazione, che poi risale velocemente fino a un massimo ai 70 anni.
Parallelamente sempre secondo la stessa indagine vi è una crescita dell’ansia fino a i 50 anni e oltre, che poi scende in poco tempo.
È secondo gli studiosi la coincidenza, dopo i 40 anni, dell’aumento delle responsabilità familiari, che coinvolgono non solo la cura dei figli, ma anche quell dei genitori anziani, e di una condizione di precarietà lavorativa. Dopo i 40 anni si diventa molto meno appetibili per le aziende ma la pensione è ancora lontana.
Dopo i 60 anni invece arriva la pensione, i figli sono grandi, i genitori anziani non ci sono più, e la vita almeno in Occidente, dove esiste un certo welfare state una sanità pubblica, diventa più facile.
In Italia non siamo ancora a tali dislivelli tra le età, soprattutto perché quell’incertezza che nel Regno Unito colpisce i 50enni in Italia è tipica anche dei 30 enni. Che infatti danno un voto intorno al 7 contro il 7,5 circa dei coetanei inglesi.
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