Anche il diritto ha le sue fonti. Esse caratterizzano e modulano in modo variegato un qualsiasi ordinamento giuridico che, senza di esse, non avrebbe ragione di esistere e non potrebbe imporre alcunché alla collettività. Vediamo in sintesi di che si tratta.
Le fonti del diritto italiano: quali sono e che cosa sono
Dare una definizione di fonte del diritto, non è complicato: si tratta di tutti quegli atti che hanno la valenza di produrre, modificare o abrogare norme giuridiche. Insomma sono atti che hanno valore nel mero contesto legale e non al di fuori di esso. Tali fonti sono in rapporto costante tra loro, in un coordinamento che anzitutto deve rispettare il cosiddetto principio di gerarchia. Tale pilastro afferma che ogni fonte del diritto ha un differente valore e, in cima, troviamo proprio la Carta Costituzionale. Essa ha la funzione di guida ed indirizzo per tutti le successive ed ulteriori fonti del diritto.
In particolare, i rapporti tra le fonti, in relazione alla loro posizione sistematica, sono suddivisibili in 3 livelli. Al primo posto ci sono, appunto, le fonti costituzionali (la Costituzione, le leggi costituzionali che hanno quindi pari valore); ci sono poi le direttive e i regolamenti comunitari. Al secondo posto le fonti legislative, che sono anche soprannominate fonti primarie. Per esse, intendiamo leggi e decreti legge, nonché i decreti legislativi. Rientra tra queste fonti, anche il cosiddetto referendum abrogativo.
La Costituzione è per sua natura definita rigida; ciò significa che non può essere modificata da norme di grado inferiore. Anzi, le norme costituzionali possono essere modificate soltanto da leggi costituzionali, le quali seguono una speciale procedura. Le fonti primarie sono leggi del parlamento, approvate da esso e promulgate dal Capo dello Stato. Anche il Governo talvolta può produrre fonti primarie, pur non avendo il potere legislativo; ciò attraverso lo strumento del decreto legge e del decreto legislativo, atti aventi forza di legge. Tra le altre fonti primarie, ci sono anche le leggi regionali e provinciali, le quali disciplinano solo alcune materie e in un territorio geografico circoscritto.
In conclusione, al livello più basso della scala di gerarchia delle fonti, troviamo le cosiddette fonti secondarie. Esse sono date da regolamenti di varia natura, emessi dal Governo o da Regioni e Comuni. Per il principio di gerarchia non possono contrastare con la fonte superiore, ovvero le leggi ordinarie. Lo scopo di tali fonti secondarie è quello di definire le modalità di applicazione delle leggi.
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