I numeri dell’economia italiana destano preoccupazione ma dal governo si esclude l’ipotesi manovra correttiva. A sottolinearlo con forza anche il vicepremier Matteo Salvini che ha di recente dichiarato, appunto, “non ci saranno nuove tasse aggiuntive, tasse sui conti correnti, sui risparmi degli italiani o sulla casa”.
Bonus 80 euro: no alla manovra correttiva
Al di là delle dichiarazioni, però, è un dato di fatto che entro fine anno bisogna disinnescare clausole Iva per un ammontare complessivo di 23 miliardi. D’altra parte, con le Europee alle porte, la maggioranza potrebbe sperare in una nuova Commissione Europea più favorevole al finanziamento in deficit. In tal caso, si parlerebbe di una percentuale di almeno il 3% con tutti i rischi relativi all’abbassamento del debito che di questi tempi è già in frenata.
L’alternativa? Agire su almeno un’aliquota Iva; un aumento di uno o due punti, non di più, ma comunque un aumento che andrebbe a pesare su una situazione che, come si diceva, è già preoccupante.
Bonus 80 euro: sfoltire le tax expeditures
“Fare cassa” è l’imperativo, ora come nei mesi scorsi; anche nel percorso di avvicinamento al lancio dell’ultima Legge di Bilancio era stato avanzata la possibilità di un taglio netto delle tax expeditures. La “potatura” delle agevolazioni fiscali sembrava cosa certa e, invece, è mancata nella Finanziaria per il 2019. Eppure, secondo i tecnici del Mef, basterebbe abbassare i bonus al 17% dall’attuale 19% per incamerare un miliardo in più (sarebbero due se la percentuale scendesse al 15%, un altro miliardo se fosse stabilita una franchigia di 300 euro).
Tra le tax expeditures finite nel mirino del governo giallo-verde anche e, soprattutto, il bonus di 80 euro di renziana memoria. Vale 10 miliardi, una mole di risorse che potrebbe essere investito sul taglio della prima aliquota Irpef (dal 23% al 20%).
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