Il presidente dell’Iran Rouhani ha rifiutato nella mattinata di Mercoledì le dimissioni del suo ministro degli Esteri Mohammed Javad Zarif. Queste erano arrivate lunedì scorso, tramite un post Instagram. “Tante grazie alla generosità del caro e coraggioso popolo d’Iran e alle sue autorità per questi 67 mesi. Mi scuso per l’impossibilità di continuare a servire e per le carenze [esibite] durante il mio lavoro. Siate felici e meritevoli”. Questo il testo allegato al post di Zarif, che non entra quindi nel merito delle motivazioni.
Perché allora questa scelta? Probabilmente, la decisione è dovuta all’intensificazione degli attacchi da parte dell’attuale opposizione conservatrice alla linea del governo riformista, soprattutto in politica estera. L’attuale esecutivo è in carica dal 2017, quando si impose alle urne bissando il successo del 2013. In una intervista concessa al quotidiano Jomhuri Eslami, Zarif ha suggerito questa interpretazione bollando come “veleno mortale” i dissidi tra le fazioni in politica estera.
Zarif, una delle figure chiave del governo, ha però in seguito ottenuto oltre a quello di Rouhani, anche il sostegno di uno dei principali esponenti delle Guardia Rivoluzionaria iraniana, Qassem Soleimani. Questi, dopo averlo lodato, ha affermato che anche la Guida Suprema Khamenei ha grande fiducia in Zarif. La Guida Suprema ha il potere di ultima parola sulle nomine ministeriali. Nel 2013 e nel 2017 appoggiò la scelta di Zarif nonostante il suo profilo divisivo.
Iran ultime notizie: lo scontro storico tra fazioni politiche
Quanto sta avvenendo in queste ore va dunque letto nell’ottica dello scontro interno allo stato tra le due fazioni politiche riformista e conservatrice. Uno scontro che mira a guadagnare l’appoggio finale della Guida Suprema, come noto depositaria del potere ultimo nella teocrazia sciita. Da sempre le relazioni con gli Stati Uniti sono un importante tema divisivo. Zarif è infatti uno dei principali architetti dell’accordo sul nucleare del 2015, che prevedeva l’alleggerimento delle sanzioni in cambio dello stop al programma nucleare iraniano.
In questo senso l’uscita di Trump dall’accordo sul nucleare negoziato da Obama ha dato credito a chi nel campo conservatore reputa impossibile accordarsi con il “Grande Satana”. Le dimissioni di Zarif, non motivate in maniera ufficiale, sono probabilmente dunque da riferirsi alle evoluzioni del dibattito sul nucleare e alle relazioni problematiche con Washington. Molto spesso l’opposizione ha accusato Zarif di “svendere il paese”.
Infatti, l’Iran negli ultimi mesi ha continuato ad applicare l’accordo, come richiesto dalle potenze europee, senza però ottenerne alcun beneficio in cambio. Nemmeno il sistema speciale di pagamento approntato dai paesi europei firmatari dell’accordo di Vienna è al momento stato capace di sollevare l’Iran dai problemi finanziari che sta affrontando. Proprio la posizione europea è stata recentemente criticata da Teheran per la sua natura ondivaga.
Iran ultime notizie: le difficoltà interne ed esterne
Per l’Iran è dunque un momento difficile soprattutto in termini di fondamentali economici. Per Rouhani l’Iran sarebbe in un periodo di crisi tra i più duri dal 1979. Le nuove sanzioni americane picchiano duro e a quaranta anni dalla Rivoluzione la stabilità politica è sotto attacco. Il recente vertice di Varsavia tra Israele (“Piccolo Satana”) e i paesi arabi di fatto ha cercato di isolare ulteriormente Teheran in termini diplomatici. I diplomatici sauditi hanno definito l’Iran un problema per la stabilità regionale maggiore della questione palestinese. Riflettendo lo scontro in atto per l’egemonia sul quadrante mediorientale.
Zarif, che ha studiato negli USA durante la guerra tra Iran e Iraq e che ha servito a Washington durante gli anni 2002-2007, non sembra riuscire a trovare una soluzione diplomatica con il nuovo esecutivo statunitense. Negli ultimi mesi, anche sulla questione siriana, uno dei principali alleati iraniani è stata la Russia di Putin. I cui obiettivi strategici però sono sul lungo periodo in competizione con quelli di Teheran, orientati alla costruzione di un asse sciita che da Teheran a Damasco e Beirut si contrapponga ai sauditi.
Proprio l’indiscrezione di una mancata notifica a Zarif della visita nel paese del presidente siriano Assad, effettuata lunedì scorso a sette anni di distanza dall’ultima, era stata inizialmente immaginata come una delle motivazioni delle dimissioni del diplomatico. Tra i primi a reagire alle dimissioni di Zarif è stato il premier israeliano Netanyahu. Questi ha affermato come finché sarà al potere in Israele, Teheran non potrà dotarsi di armi nucleari. In seguito Mike Pompeo, segretario di Stato americano, ha definito Zarif e Rouhani “esponenti di una corrotta mafia religiosa”. Esacerbando ulteriormente una situazione già esplosiva, che però sembra ad oggi già rientrata.
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