Una speciale disciplina è prevista con riferimento ai procedimenti giudiziari penali che vedano uno o più minori come soggetti imputati. Essa si fonda su alcuni aspetti che meritano di seguito di essere chiariti.
Codice penale minorile: che cos’è e i principi ispiratori
La fonte di riferimento, nei casi in cui un soggetto minore sia imputato per un reato, è il d.p.r. n. 448 del 1988. Esso in pratica costituisce un codice speciale che si accompagna ed integra il codice penale; la finalità dell’introduzione di questa legge è quella di tutela dei minori in quanto tali. Circa l’aspetto dei principi cardine, tale processo al minore si fonda sulla finalità rieducativa che esso stesso, ancor prima dell’imposizione di una eventuale pena, deve comportare per il minore imputato. In pratica l’iter giudiziario, pur svolto in aule del Tribunale, non deve interferire o disturbare la continuità educativa e la necessità di sviluppo e maturazione psichica del soggetto coinvolto. Anzi la causa penale deve, piuttosto, avere anche una finalità responsabilizzante per il minore; il quale ne dovrebbe trarre occasione per autoregolarsi e comprendere appieno i principi di convivenza sociale comunemente accettati dalla collettività.
In sintesi e sulla scorta del codice penale minorile, il processo penale, in questi casi, deve non solo decidere sulla eventuale responsabilità penale del minore, ma anche deve cercare di orientarlo e contribuire a strutturarlo psicologicamente.
Codice penale minorile: tratti distintivi dell’iter processuale e il fattore età
La sede del processo penale minorile è lo speciale Tribunale per i Minorenni, che è sottoposto a regole particolari. La differenza maggiore è nella composizione dell’organo giudicante; infatti, unico giudice monocratico è il G.I.P., mentre G.U.P. e giudice dibattimentale sono organi collegiali, a prescindere dal titolo di reato per il quale si procede. Tale procedimento è attivato tutte le volte che sia imputato un soggetto minore degli anni 18, sul quale si deve decidere se ha commesso o tentato di commettere un reato. È evidente come l’età sia decisiva al fine di sottoporre il soggetto ad un processo penale ordinario oppure minorile. Non sempre però è facile rintracciare l’età di una persona; talvolta sono necessarie perizie scientifiche. In mancanza di esse vale la presunzione di non punibilità del soggetto, attribuendogli – in ogni caso – un età inferiore ad anni 14.
È assai significativo ricordare la rilevanza dell’udienza preliminare. Ciò poiché il GUP (giudice dell’udienza preliminare), può decidere di esercitare l’azione penale rinviando a giudizio il minore. Per capire meglio questo importante dettaglio, occorre dire che il procedimento penale (anche quello minorile) è diviso in 3 fasi. La prima è quella delle indagini preliminari (gestite dal PM); la seconda è appunto la fase dell’udienza preliminare innanzi al GUP. Egli valuterà la fondatezza delle prove raccolte durante le indagini e potrà, se ritenute sufficienti, disporre il decreto di rinvio a giudizio. In caso contrario, scagionerà il minore con sentenza di non luogo a procedere. Nel caso ci sia rinvio a giudizio, alla fase delle indagini preliminari subentrerà quella del dibattimento in Tribunale e potrà dirsi scattato il processo penale minorile.
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