Sete di Privato
Non si placano le polemiche suscitate dal decreto Ronchi, approvato lo scorso 19 Novembre dalla Camera. Il controverso articolo 15 di tale provvedimento, che impone l’apertura dei servizi idrici italiani alla privatizzazione, ha sollevato le proteste dell’opposizione, dei movimenti ecologisti, delle Regioni e persino di alcune frange della maggioranza.
LE RAGIONI DEI CONTRIBUENTI
Parte della contestazione si basa su argomentazioni prettamente etiche. “Si tratta della definitiva mercificazione di un bene essenziale alla vita, della definitiva consegna al mercato di un diritto umano universale”, avverte il portale acquabenecomune.org . A queste resistenze si aggiungono le perplessità dei contribuenti. Paolo Landi, presidente dell’Adiconsum, sottolinea come la gestione pubblica dei servizi idrici italiani abbia goduto finora delle tariffe più basse d’Europa; (1) al contempo, l’ultimo rapporto relativo al servizio idrico di Federconsumatori mostra che la bolletta più salata si paga ad Arezzo, dove tale risorsa è gestita dal 1999 da una società privata, la Nuove Acque. (2)
EFFICIENZA E INEFFICIENZA DEL PUBBLICO
Storicamente, i beni pubblici come l’acqua costituiscono una delle falle del sistema di mercato. Essendo risorse non rivali e non escludibili nel consumo, non è possibile regolarne il gioco di domanda e offerta con uno strumento esplicito come il prezzo; ciò genera inefficienze, per correggere le quali, solitamente, si invoca l’intervento dello Stato. Negli ultimi anni, tuttavia, la gestione pubblica delle risorse di interesse nazionale è stata colpita da una generale sfiducia; nel caso specifico dell’acqua, forti critiche sono state mosse soprattutto alla manutenzione della rete, caratterizzata da perdite che, nel 2005, risultavano pari in media al 28.5% (dato preoccupante, se confrontato con quello tedesco, fermo al 7.3%). (3)
[ad]A monte della scarsa qualità dei servizi idrici italiani, si troverebbero gravi fenomeni di corruzione radicata nel settore pubblico, come sostiene Mauro D’Ascenzi, presidente di Federutility: “La gestione tradizionale delle risorse idriche regge un sistema clientelare basato sulla diffusa illegalità, soprattutto nel Sud, dove le reti non a caso fanno acqua da tutte le parti.” Aprire ai privati, dicono i sostenitori del decreto Ronchi, consentirebbe tra l’altro di coprire gli ingenti investimenti necessari per tappare i buchi degli acquedotti nostrani. (4)
UNA SCELTA RISCHIOSA
Affidare i servizi idrici ai privati, tuttavia, rischia di condurre a esiti opposti a quelli sperati. Lo mostra il caso di Parigi, una delle prime città a lanciare la privatizzazione dell’acqua, nel 1985. Secondo uno studio condotto nel 2006 dalla Ufc-Que Choisir, un’associazione di consumatori francese, le multinazionali Veolia e Suez avrebbero imposto per anni ai parigini una sovra- tariffazione dell’acqua, con un margine di profitto del 58.7%, a fronte del quale non sarebbero stati promossi investimenti per garantire la qualità dei servizi offerti. (5)
Anne Le Strat, assessore per l’acqua al Comune di Parigi, motiva la scelta del sindaco Delanoë di non rinnovare i contratti con i privati in questi termini: “Volevamo una gestione pubblica meglio controllata dalla collettività, in una logica di maggiore trasparenza. Con un solo operatore, una sola regia, si semplifica il sistema, lo si controlla meglio, si fanno risparmi importanti, perché si sopprime il profitto dei distributori, cioè dei privati, perché si realizzano sinergie tra produzione e distribuzione”. (6)
di GIORGIO CORTELAZZO
NOTE
(2) http://www.federconsumatori.it/ShowDoc.asp?nid=20090212145724&t=news
(3) http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2009/11/18/visualizza_new.html_1618590255.html
(6) http://buongiornoeuropa.blog.rai.it/2009/04/01/francia-ritorno-al-pubblico/