Non si placano le proteste in Algeria intorno alla decisione dell’attuale presidente, Abdelaziz Bouteflika, di candidarsi per un quinto mandato. Bouteflika, 82enne, sarebbe tra l’altro tuttora ricoverato in un ospedale di Ginevra in Svizzera, a causa delle sue condizioni di salute precarie. Nonostante questo, nella giornata di domenica ha confermato la volontà di correre ad elezioni, che lo vedranno quasi certamente vincitore. Lo ha fatto tramite una lettera letta dal suo portavoce, Abdelghani Zaalane.
Algeria: il bilancio degli scontri
La decisione di Bouteflika arriva dopo dieci giorni di proteste di piazza contro l’ex militante del Fronte di Liberazione Nazionale, in carica dal 1999. Infatti, lo scorso venerdì, secondo consecutivo di mobilitazione, decine di migliaia di persone sono scese in piazza ad Algeri, puntando verso il palazzo presidenziale di El Mouradia.
Esito della giornata sono stati 183 feriti ed un morto. La polizia ha cercato di tenere “relativamente calma” la situazione, preferendo il contenimento con lacrimogeni e idranti piuttosto che l’attacco diretto alla piazza. Cosa che avrebbe potuto innalzare ulteriormente la tensione. Un’eventualità fino ad ora non gradita al governo, che sembra essere intento alla relativa mediazione con i manifestanti per prendere tempo. Proteste di piazza si sono verificate anche in città come Orano, Skikba e Constantina. Anche a Parigi si è tenuto un corteo in appoggio alle manifestazioni in Algeria.
La candidatura di Bouteflika, secondo molti dei manifestanti, sarebbe finalizzata unicamente a rappresentare un blocco di interessi politici ed economici che agirebbe alle spalle della figura presidenziale. Tra le personalità a capo di questo clan, ci sarebbe in primis il fratello di Bouteflika, Said. A fare emergere la dissonanza tra la classe politica al potere e la gran parte della società algerina, il fatto che nel paese il 70% della popolazione ha meno di trenta anni. Un quarto di questa fascia di popolazione è disoccupata.
Algeria, un sistema politico ed economico in forte difficoltà
L’Algeria è stata relativa eccezione nel panorama nordafricano nel 2011, l’anno delle insurrezioni popolari contro figure come Ben Ali, Mubarak e Gheddafi. Vi sono stati episodi di protesta, ma questi non sono riusciti a mettere in discussione un governo pluridecennale come in Tunisia e in Egitto. Oggi, a scatenare le proteste, oltre alla figura stessa di Bouteflika, sono la gestione a fini privatistici dell’economia del paese e la corruzione dilagante. Il crollo del prezzo del petrolio e del gas hanno accelerato infatti la crisi dell’impalcatura economica del paese, basato sulla dipendenza dall’esportazione di idrocarburi. Il sistema sociale è giudicato bloccato, incapace di dare prospettive e futuro a molteplici pezzi di popolazione.
A mettere in difficoltà la stabilità politica è inoltre il venire meno della coesione sociale rispetto a miti fondativi del paese, come la guerra di indipendenza dal colonialismo francese. Inoltre, in Algeria sembrano scemare le paure rispetto alla possibile riproposizione di episodi tragici come quelli avvenuti negli anni Novanta. Vale a dire, all’emersione e alla successiva repressione da parte dell’esercito di forze politiche islamiste. Più di duecentomila persone persero la vita in quegli anni tragici di guerra civile, seguiti al colpo di Stato militare del 1992 che impedì la sicura vittoria del Fronte Islamico di Salvezza alle elezioni legislative.
Le conseguenze sulla geopolitica euromediterranea del futuro dell’Algeria sono rilevanti. Il paese, come detto, è uno dei principali produttori di gas al mondo. Le sue forniture sono fondamentali per il fabbisogno energetico di paesi come l’Italia. Le pressioni internazionali ad una risoluzione pacifica sono quindi alte, per quanto ancora non espresse pubblicamente.
Algeria, il quadro delle prossime elezioni presidenziali
Qualcosa però sembra muoversi. Bouteflika, tramite una dichiarazione di un suo portavoce ad Ennahar TV, ha infatti affermato che se ri-eletto potrebbe cedere il potere dopo un anno, attraverso nuove elezioni. Una posizione che da un lato apre ad una futura transizione guidata dall’alto, in una evidente captatio benevolentiae alla piazza. Ma che dall’altro legittima ulteriormente le proteste, le quali chiedono che già oggi l’attuale presidente non si ricandidi e non si fidano delle parole del presidente.
Non a caso ieri notte, nelle ore successive all’annuncio di Zaalane, si sono verificati nuovi concentramenti spontanei di persone ad Algeri e in diverse altre città. Sempre con l’obiettivo del ritiro della candidatura di Bouteflika, esemplificato dallo slogan #NonAu5emeMandat (No al quinto mandato). Le elezioni in Algeria si svolgeranno il prossimo 18 aprile. L’opposizione per l’ennesima volta non è riuscita a convergere su un candidato unico, rendendo praticamente scontata la vittoria dell’attuale presidente.
A testare la credibilità del processo elettorale sarà nei prossimi giorni la decisione della commissione elettorale di convalidare o meno la stessa candidatura di Bouteflika. Secondo Abdelwahab Derbal, capo della commissione, le candidature valide sono solo quelle consegnate di persona dal candidato agli uffici preposti. Varrà anche per l’attuale presidente?
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