Cumulo risarcimento su accompagnamento
Indennità di accompagnamento e risarcimento danni medici sono cumulabili. Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito il divieto di cumulo, avvalorando diverse ragioni. E chiarendo su alcuni aspetti giurisprudenziali che davano adito a controversie. L’episodio attorno al quale ruota la vicenda è quello di un neonato – sano durante il periodo di gestazione – che ha contratto gravi problemi (ipossia cerebrale) nella fase del parto per evidenti colpe mediche. Determinate dal ritardo nell’esecuzione del parto cesareo.
Il bambino ebbe così conseguenze nefaste sul suo stato di salute. Ovvero, l’insorgere di una tetrapresi che lo portò in una situazione di invalidità permanente. E quindi nel bisogno di un’assistenza continuativa. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, richiamate dalla III Sezione, sono state sollecitate a pronunciarsi sul caso di cumulabilità tra indennità di accompagnamento e risarcimento medico.
Indennità di accompagnamento e risarcimento non cumulabili: il caso
Un primo orientamento giurisprudenziale legittimava la cumulabilità in quanto l’indennità di accompagnamento. Trattandosi quest’ultima di prestazione assistenziale erogata senza finalità di risarcimento, non poteva essere considerata alla pari del risarcimento stesso. In sintesi, l’indennità di accompagnamento non deriva da un atto illecito e quindi passibile di risarcimento. L’orientamento opposto, verso il quale si è alla fine indirizzati, porta invece alla detraibilità dell’indennità di accompagnamento dall’entità del risarcimento. Stando a una sentenza del 2016 della III Sezione della Cassazione, infatti, una parte del danno risarcibile sarebbe eliminato dall’emolumento indennitario.
Indennità di accompagnamento e risarcimento: l’incompatibilità
Tale pronuncia è da ricondurre al fatto che l’indennità (il trattamento assistenziale) e il risarcimento non possono essere tali da creare un vantaggio supplementare al soggetto danneggiato. Come spiega bene SalvisJuribus, se il cumulo dei benefici comporta un arricchimento del danneggiato, ciò va “in contrasto con la natura propria della responsabilità civile, secondo cui il risarcimento del danno non può creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella che avrebbe avuto se il fatto illecito, quindi dannoso, non si fosse realizzato”.
Indennità di accompagnamento e risarcimento non cumulabili: perché
Da tutto ciò si è ritenuto urgente intervenire sul principio della compensatio lucri cum damno. Un elemento che ha generato diversi contrasti giurisprudenziali negli ultimi anni. Sostanzialmente, la logica conclusione è che il risarcimento può coprire il danno causato, ma non superarlo. Si è quindi fatto riferimento alla Legge n. 183/2010. Qui, all’articolo 41 comma 1, si legge quanto segue. “Le pensioni, gli assegni e le indennità, spettanti agli invalidi civili ai sensi della legislazione vigente, corrisposti in conseguenza del fatto illecito di terzi, sono recuperate sino alla concorrenza dell’ammontare di dette prestazioni dall’ente erogatore delle stesse nei riguardi del responsabile civile e della compagnia di assicurazioni”.
Indennità di accompagnamento: cumulo con risarcimento, le conclusioni
Come spiega Studio Cataldi, “vista dal lato dell’assistito-danneggiato, la percezione del beneficio dell’indennità di accompagnamento, essendo rivolta alla medesima copertura degli oneri di assistenza provocati dal fatto illecito del terzo, assume la valenza di un anticipo”. Più precisamente un anticipo dell’importo che sarà poi ottenuto a titolo di risarcimento del danno. Le Sezioni Unite si sono pronunciate dunque su alcuni aspetti del caso, affermando quanto segue. “Dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’Inps in conseguenza di quel fatto”.
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