Cosa rischiano le Authority ed il Paese
di GOBETTIANO ed il suo nuovo sito.
Nei sistemi economici moderni da lungo tempo le Authorithy hanno assunto dignità di istituzioni fondamentali destinate al ruolo di regolazione, controllo e disciplina dei mercati all’interno di una nazione ma con implicazioni ultra-nazionali in virtù della globalizzazione dei mercati, come istituzioni di garanzia delle best practices riconosciute a livello mondiale come tali.
Quest’ultimo è un ruolo pregnante come intuitivamente dimostra la circostanza che l’economia di ciascun paese dipende largamente dal resto del mondo e quindi è al di fuori da ogni possibilità di pieno controllo dell’autorità politica di ciascun paese.
Al sistema delle Autorità si è adeguata da tempo anche l’Italia, adottando adeguate norme ed opportune procedure tese ad assicurare ad esse ed ai loro organi dirigenti piena autonomia finanziaria ed operativa. La connotazione di autonomia funzionale ed operativa è essenziale perché una Autorità sia tale e possa adempiere pienamente al suo mandato istituzionale. Per meglio consentire la comprensione dell’incidenza e della rilevanza della componente autonomia delle Autorità, si pensi alla Banca d’Italia. Essa non è un’autorità ma le funzioni che prima dell’era dell’€uro svolgeva nelle determinazioni del sistema dei tassi di interesse e la funzione di regolazione e vigilanza delle banche che oggi ad essa spetta è stato sempre e pienamente riconosciuto necessitasse di autonomia assoluta ed indipendenza funzionale, operativa e finanziaria.
La crisi finanziaria ha cambiato molto dei sistemi economici ed ha riacceso il dibattito e le polemiche tra coloro che tendono ad addossare alla politica la responsabilità prima della crisi e coloro i quali accusano (a torto) il mercato di aver fallito. In molti paesi del mondo, si ritorna a parlare di primato della politica con un acrobazia concettuale notevole: il mercato o è (correttamente) regolato o non è. Ed è esattamente alla politica che incombe il compito di regolamentare i mercati. L’Italia non fa eccezione come troppe iniziative di Governo e Parlamento dimostrano, spaziando dalla Banca per il Mezzogiorno alla restaurazione dell’Ordine degli Avvocati e la crisi è stata la foglia di fico per giustificare l’eccesso di Stato che mai è venuto meno e l’attuale aggressiva estensione in economia e molti altri ambiti della società italiana.
Un pessimo segno di questa tendenza è la norma inserita in uno dei troppi commi del maxi-emendamento alla finanziaria (a firma dei deputati del PdL Antonio Pepe, Maurizio Leo, Silvano Moffa e Donato Lamorte) che istituisce un Fondo Perequativo acceso presso il Ministero del Tesoro, dove dovrebbero confluire i fondi che alle Autorità affluiscono secondo la modalità delle leggi istitutive. Va detto che i sistemi di finanziamento sono diversi: si va dalle Autorità finanziate con fondi versati a cura delle aziende regolate al caso di Autorità finanziate dallo Stato. Già di per sé la situazione è imperfetta in via di principio e di fatto: un’Autorità che dabba negoziare con lo Stato per ottenere i fondi per operare, è meno libera o troppo dipendente dallo Stato. Quindi debole ed a serio rischio di inefficace operatività. Puramente e semplicemente. L’Autorità per l’energia ed il gas ha inviato una nota al Governo con le sue osservazioni critiche nella quale si legge, tra l’altro;
“la norma proposta finanzierebbe – con onere a carico delle sole imprese che operano nei settori regolati (settore elettrico, del gas, delle telecomunicazioni, assicurativo e degli scambi finanziari) – anche amministrazioni del tutto estranee a tali settori nonchè autorità che operano a livello trasversale su tutti i mercati svolgendo attività di vigilanza su tutte le imprese soggette alla concorrenza (introducendo una sostanziale forma di tassazione occulta sui suddetti settori regolati).”
Purtroppo è anche accaduto che le posizioni dei responsabili delle autorità si siano divise tra coloro che avevano fondi autonomi dal Governo e bilanci in ordine e le altre determinando una situazione di debolezza. Il rischio evidenziato da queste note è sostanzialmente quello di perdita di potere ed autonomia del sistema, consegnato sostanzialmente allo Stato il quale in argomento ha già dato ampia prova di non avere a cuore la stabilità normativa e regolatoria viceversa indispensabile. E’ un ingresso di servizio riservato al MEF ed allo stesso Governo per ingerirsi ancora di più, in maniera surrettizia nei mercati ed in tutti i settori operativi delle Autorithy accentuando la già eccessiva dipendenza dallo Stato delle imprese e dell’intero paese. Né, ad adiuvandum, pare saggio ignorare il conflitto di interessi del Presidente del Consiglio che nella commistione del suo ruolo di pubblico e privato, assume la figra di controllato che nomina i controllori.
Non è noto allo stato attuale come finirà questa vicenda essendo la finanziaria all’attenzione del Parlamento ma fare ipotesi pessimistiche e cioè di approvazione della norma è del tutto ragionevole. Infatti questo attiene alla natura, alle inclinazione ed alle opzioni che il Governo pare prediligere: sfiducia verso le strutture e le organizzazioni tecniche che, come le Autorità, sono sganciate, necessariamente e motivatamente dalla volontà popolare. La volontà popolare, la legittimazione derivante dal voto paiono essere il mantra che di continuo viene recitato sovente per ragioni inappropriate come anche mel caso che qui ci occupa. L’evidente aspetto negativo del continuo richiamo al popolo è che esso è connaturato ad una visione tesa al consenso che è intrinsecamente visione di breve termine e scollegata dal necessario lungo termine e dalle strategie e dalle politiche che nell’immediato possono far perdere consenso ma che pur tuttavia sono indispensabili ad assicurare un accettabile, credibile futuro del paese. Se per primato della politica si deve intendere roba del genere, si può amaramente affermare che questo non è un buon viatico e spinge il paese nella direzione di paesi nei quali la medesima medicina sbagliata ha condotto al default ed al disastro.