Dal Blog: Nicola Zingaretti segretario: è l’alba di un nuovo PD?

Tra interrogativi e risposte parziali analizziamo la nuova linea politica del PD di Nicola Zingaretti. Cosa lasciano le primarie, mosse del neo-segretario.

Nicola Zingaretti segretario: è l'alba di un nuovo PD?
Nicola Zingaretti segretario: è l’alba di un nuovo PD?

Dopo l’euforia iniziale si addensano già i primi interrogativi intorno alla figura di Nicola Zingaretti, nuovo segretario del Partito Democratico.

Quale sarà la squadra, quale sarà la nuova linea del partito? Ci sarà una sostanziale svolta a sinistra oppure si rimarrà nell’ottica neoliberista e neoliberale già promossa in precedenza da Matteo Renzi? Non ci poniamo l’obiettivo di dare una risposta incontrovertibile a questi quesiti ma cercheremo di dare un quadro generale di quello che sembra poter essere un nuovo Partito Democratico con tutte le luci e le ombre che da sempre lo attorniano.

Cosa ci insegnano le primarie del PD e la finta “terza repubblica”

La nuova storia del PD, se si rivelerà tale, dovrà prendere in considerazione una riforma delle primarie. Lo strumento è certamente bello, solo da vedere, ma senz’altro poco efficace e soprattutto poco indicativo della forza di un partito. Il popolo della “sinistra”, quello sempre più frammentato che fatica a trovare una sua identità, perché sostanzialmente ha tradito il proprio elettorato di riferimento e ha ceduto sui propri temi cardine alla più originale, convincente e unita destra, cerca ora di caricarsi in vista anche delle elezioni europee con la linfa vitale di questo, si fa per dire, grande esercizio democratico.

In quella che sembrava dovesse essere la rivoluzione della “terza Repubblica” lo status quo sembra essere il medesimo dei vecchi tempi. Quella nuova “cosa pubblica” che voleva annullare la dicotomica destra-sinistra. La millantata nuova era della Democrazia diretta dei bottoni e dei clic che doveva soppiantare le file ai gazebo, ci presenta, oggi, un nuovo, nemmeno tanto sorprendente, stallo.

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L’euforia della falsa affluenza record e le contraddizioni dei gazebo

Partiamo da un presupposto fondamentale: l’affluenza di queste primarie 2019 non costituisce affatto nessun record. Certo, è sempre bello constatare che la gente con piacere va a votare preferendo un voto di carta ad un log-in. Anche queste però sono due diverse prospettive di società. Gli elettori hanno fatto una dichiarazione di fiducia alla nuova segreteria del PD ma questa fiducia, attenzione, ha vita breve. L’affluenza di 1,7 milioni è stata inferiore di circa 100mila unità rispetto a quella del 2018. Siamo poi così sicuri che questo ritorno ai gazebo degli elettori PD non sia anche merito della disastrosa, sino ad ora, gestione dei Cinque Stelle? Secondo molte analisi il voto di queste primarie 2019 è stato identitario, ma precisamente riconducibile a quale identità e a quali manifestazioni di intenti? Forse ad una azione “simbolica e importante” come definita da Zingaretti stesso ovvero schierarsi con Confindustria e Sergio Chiamparino a favore della TAV. Insomma (non) proprio quello che si aspettavano gli elettori.

La crisi della leadership e i primi impegni elettorali e non di Nicola Zongaretti

Quello che infine ci chiediamo su Nicola Zingaretti è se riuscirà a ridurre anche solo in parte l’assenza di leadership che c’è nel PD. Siamo sicuri che la nuova organizzazione del partito sarà una forte “botta” al renzismo, ci sono meno certezze, in verità quasi nessuna, sul progetto politico che il nuovo segretario intende portare avanti. Sappiamo che Gentiloni
sarà il Presidente mentre Zanda sarà il tesoriere. Misiani sarà il nuovo responsabile economico mentre per il ruolo di vice, in lizza ci sono: De Micheli, Sereni e Gasparini. La prima di queste dovrebbe essere la papabile per eccellenza dato che è stata la promotrice e l’organizzatrice della campagna di Zingaretti, Piazza Grande. Questo primo assetto già offre una forma ben precisa, i renziani sono fuori dai ruoli apicali del partito. Cosa attende ora il PD? Sicuramente la priorità sono le elezioni europee, i tempi sono stretti e non c’è un “manifesto” chiaro né tantomeno sono state definite le possibili alleanze. La piazza di Milano di “people” inoltre, ha raccolto molti sostenitori del PD mettendo in luce la volontà di volere una società aperta e cosmopolita. Ma siamo sicuri che il tema migranti possa essere il traino di questa rinascita? Il dubbio è forte, potrebbe essere più probabile che si trasformi in una pesante spada di Damocle e un assist al sempre più incisivo Matteo Salvini. Nelle prossime settimane capiremo se Zingaretti riuscirà a dialogare con le numerose sigle che a sinistra vagano alla ricerca di una collocazione e se saprà approfittare dell’emorragia di voti del M5S.

L’apologo di Menenio Agrippa

Anche se non sono state annunciate lotte intestine, il PD ci ha ben abituato a questo genere di situazioni. Non appare chiaro infatti come possano rimanere sedati, inermi e indifferenti i renziani di fronte a queste simil-epurazioni dai posti di comando. Certo, è il frutto della sconfitta di un pensiero che non ha portato i risultati auspicati e che ora costringe ad essere spettatore di una nuova alba. Ma anche qui ci sentiamo di porre un grosso dubbio e lo spieghiamo con l’apologo di Menenio Agrippa.


Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.

Francesco Somma

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