Continua lo scontro politico in Venezuela tra il governo di Maduro e l’opposizione rappresentata da Juan Guaidò. Il tutto a solo pochi giorni dalla crisi dovuta agli “aiuti umanitari“, inviati dagli Stati Uniti e bloccati ai confini del Venezuela con Brasile e Colombia dall’esercito di Caracas. Proseguono le mosse dei due antagonisti, che muovono le rispettive basi sociali.
Il nuovo tentativo di Guaidò per mettere in difficoltà Maduro consiste nel rivolgersi ai sindacati del settore pubblico. Ai quali Guaidò ha proposto di convocare giornate di sciopero generale contro il governo, dichiarando la volontà di concedere l’amnistia in futuro a chi in passato ha sostenuto il governo Maduro. Si tratta infatti di organizzazioni che da sempre hanno costituito un bastione di fedeltà al Partito Socialista Unito di Venezuela.
Venezuela: Guaidò ritorna nel paese, evitata escalation
Mobilitando le organizzazioni sindacali, l’auto-proclamato presidente prova dunque a destabilizzare la base sociale di Maduro. Quest’ultimo ha però ancora il sostegno di gran parte della società, delle istituzioni pubbliche e soprattutto delle figure chiave dell’esercito. Durante un discorso pronunciato ad un evento che commemorava il sesto anniversario della morte di Hugo Chavez, Maduro ha promesso di sconfiggere l’opposizione, definita una “minoranza impazzita intenta a destabilizzare il paese.”
Una possibile escalation è stata evitata qualche giorno fa. Infatti, Guaidò è riuscito a tornare lo scorso lunedì nel paese. Il tutto senza alcuna ripercussione sulla sulla sua libertà. Motivazione dell’arresto poteva essere il divieto di espatrio imposto al 35enne avvocato dal Tribunale Supremo di Giustizia di Caracas. Provvedimento poi violato da Guaidò per effettuare un tour in varie nazioni sudamericane, finalizzato a promuovere il suo piano. Vale a dire, dimissioni di Maduro, governo di transizione e nuovo momento elettorale.
Venezuela: ulteriori sanzioni Usa, sabato prossimo nuove piazze
Un eventuale fermo di Guaidò avrebbe innalzato la tensione, e costituito un eventuale casus belli per l’intervento americano. Almeno, stando a quanto affermato qualche giorno fa dal vicepresidente statunintense Mike Pence. Gli Stati Uniti, tramite il loro inviato in Venezuela Elliott Abrams, hanno inoltre espresso la volontà di imporre nuove sanzioni contro persone e società legate a Maduro.
Queste sanzioni si aggiungerebbero a quelle già in opera relative all’industria petrolifera venezuelana. Abrams ha inoltre dichiarato di ritenere Maduro inadatto ad un ruolo in un eventuale futuro ritorno alla democrazia del paese. “Se avesse voluto costruire un Venezuela democratico, lo avrebbe potuto fare. Ma non lo ha fatto”. Queste le parole di Abrams.
Il prossimo sabato tornerà invece a parlare la piazza. Si muoveranno infatti per le strade del Venezuela sia manifestazioni pro-Guaidò, sia marce in favore di Maduro. Per Guaidò, la piazza affermerà un progetto “né di destra né di sinistra, ma a favore dei diritti fondamentali”. L’erede di Chavez sta invece promuovendo i cortei come dimostrazioni dirette contro l’arroganza delle forze imperialiste americane. Mentre l’intervento militare dall’esterno sembra sempre meno probabile, il rischio di una possibile guerra civile resta presente. Ad un mese dall’auto-proclamazione di Guaidò, la situazione rimane dunque in profondo stallo.
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