Prepensionamento per patologia: dipendenti privati e invalidi civili. La guida
Cosa prevede la legge per i lavoratori affetti da patologie che minano la salute. Quali sono le misure che ne agevolano il prepensionamento.
Sappiamo che lavoro e pensione, oggigiorno, sono tematiche su cui è un corso una profonda riflessione a livello politico. In particolare, per talune categorie di lavoratori pubblici o privati, è importante sapere se e quando è possibile usufruire del prepensionamento o pensione anticipata. Vediamo di seguito cosa si può desumere dalla legge su questi argomenti, in modo da ricostruirne una sintetica e schematica guida.
Prepensionamento: la regola dell’accertamento dell’invalidità da parte della commissione medica
Come regola generale, la legge fissa che, al fine di ottenere la pensione prima di quanto sarebbe previsto in caso di buona salute, occorre avere malattie gravi o degenerative, e non disturbi lievi. Ciò però non è sufficiente. Serve anche che sia accertata una oggettiva ridotta capacità lavorativa, dipendente dalla cosiddetta percentuale d’invalidità. Tale handicap deve essere riconosciuto da una commissione medica costituita ad hoc; pertanto un semplice attestato del proprio medico non è idoneo ad ottenere vantaggi dal lato pensionistico. Questa commissione è composta, tra l’altro, da esperti di medicina legale e da uno specialista delle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche, nel caso che la persona sottoposta a visita sia affetta da una menomazione psichica o intellettiva.
Prepensionamento: la cosiddetta pensione anticipata e i requisiti previsti
Una prima agevolazione pensionistica per chi è affetto da invalidità riconosciuta è la cosiddetta pensione anticipata. Essa è riconosciuta a tutti i lavoratori invalidi, del settore pubblico o privato, in presenza di determinate condizioni. Il vantaggio è che, in queste circostanze, la pensione è guadagnata con soli 41 anni di contributi, anziché con 41 anni e 10 mesi di contribuzione (se donne) o con 42 anni e 10 mesi (se uomini).
Circa i menzionati requisiti, in sintesi sono i seguenti: deve trattarsi di soggetti iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 1996; debbono essere iscritti ad una gestione previdenziale INPS; deve trattarsi di lavoratori precoci, cioè debbono sussistere almeno 12 mesi di contributi previdenziali da effettivo lavoro, versati entro i 18 anni di età; e, soprattutto, sono persone affette da invalidità pari o superiore al 74%.
Tali requisiti non sono alternativi, bensì concorrenti tra loro. Vediamo quindi come la legge è piuttosto rigida sul punto, anche al fine di cercare di reprimere eventuali abusi da chi non è avente diritto.
Prepensionamento tramite APE sociale e maggiorazione contributiva
In verità, tutti coloro che sono invalidi almeno per il 74%, hanno anche diritto alla cosiddetta APE sociale, o anticipo pensionistico, con modalità specifiche per tali categorie di lavoratori. In pratica, con l’APE l’invalido ottiene una prestazione di accompagnamento alla pensione, un vero e proprio prepensionamento. Esso però ricorre solo a certe condizioni. Pertanto, oltre al 74% di invalidità, debbono avere almeno 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi versati all’INPS.
Sul piano specifico del versamento dei contributi, la legge prevede agevolazioni consistenti in maggiorazioni contributive. Occorre però avere una invalidità almeno pari al 75%. Con tale strumento, in pratica, sono riconosciuti 2 mesi di contributi figurativi ogni 12 mesi di effettivo lavoro, a partire dalla data di riconoscimento dell’invalidità in misura pari o superiore al 75%, sino a un massimo di 5 anni.
Prepensionamento: pensione di vecchiaia anticipata per invalidità per i lavoratori del settore privato
Una ulteriore misura idonea ad agevolare l’uscita dal mondo del lavoro e il pensionamento di un invalido, è il cosiddetto anticipo della pensione di vecchiaia. Anch’essa però è sottoposta a specifiche condizioni e riguarda, per legge, i soli lavoratori dipendenti del settore privato. Pertanto sono fuori da tale ipotesi, i possessori di partita IVA e i dipendenti pubblici. Occorre, in particolare, che l’invalidità accertata sia pari o superiore all’80%. Debbono poi avere un minimo di 56 anni per le donne, o 61 per gli uomini, e contributi versati per almeno 20 anni.
Prepensionamento: assegno d’invalidità, pensione di inabilità e cosa accade in caso di mancanza dei contributi
La legge prevede ulteriori strumenti atti ad agevolare il lavoratore invalido, proprio per venire incontro al maggior numero di situazioni concrete differenti. Pertanto abbiamo che, tutti coloro che hanno un’invalidità accertata almeno pari ai 2/3, e con almeno 5 anni di contributi versati (di cui però 3 versati nell’ultimo quinquennio), possono usufruire del cosiddetto assegno ordinario di invalidità. Esso, non è calcolato in modo differente dalla pensione, ed è rivolto sia ai dipendenti pubblici che a quelli privati. Ciò che conta è che la gestione previdenziale faccia capo all’INPS.
Agli stessi requisiti di contribuzione (5 anni di contributi, di cui almeno 3 versati negli ultimi 5 anni), è sottoposta la cosiddetta pensione di inabilità al lavoro. Deve però sussistere anche una totale e continuata inabilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Questa prestazione è calcolata al pari delle altre. Tale pensione non va scambiata con la cosiddetta pensione per inabilità alle mansioni o a proficuo lavoro, che – per legge – è riservata ai soli dipendenti pubblici con un minimo di 15 anni di contributi.
Le ipotesi suddette si verificano al ricorrere, anche, del versamento dei contributi per un certo lasso di tempo. La legge però tutela pure chi non ha avuto modo di versarli nella misura minima. E lo fa con la cosiddetta pensione di invalidità civile. Tale strumento è erogato, in presenza di determinati requisiti di reddito, sotto forma di pensione di invalidità civile (in caso di invalidità almeno pari al 74%) o di pensione di inabilità civile (nel caso in cui l’invalidità accertata dalla commissione sia pari al 100%).
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