Legge 104: permessi per andare in vacanza, non scatta il licenziamento
Il licenziamento è legittimo quando si sfruttano i permessi Legge 104 per andare in vacanza? Ecco cosa dice una recente sentenza della Cassazione.
Nessun licenziamento con legge 104
Analizziamo un aspetto controverso sulla Legge 104 e in particolare sulla possibilità di prendersi dei permessi per riposarsi o andare in vacanza. Come è ben noto, a livello giurisprudenziale, abusare dei permessi Legge 104 è un reato perché implica una truffa ai danni dello Stato e un ingente danno economico all’azienda per cui lavora. Una recente sentenza della Cassazione (n. 18744 del 13 luglio 2018) si è pronunciata in merito, escludendo tuttavia tra le conseguenze di chi usufruisce dei permessi 104 per farsi una vacanza il licenziamento. Ma solo in alcuni casi. Ciò, tuttavia, sembra contrastare l’orientamento generale in merito all’utilizzo improprio dei permessi 104. Andiamo a scoprire cosa bisogna sapere a riguardo.
Legge 104: permessi per vacanza, cosa dice la Cassazione
L’uso improprio dei permessi garantiti dalla Legge 104 può portare al licenziamento per giusta causa, ovvero senza preavviso. Questa è prassi comune, ed è una delle conseguenze più frequenti per chi abusa dei permessi 104 per andare in vacanza al posto di assistere il familiare disabile, come vuole la Legge (e il buon senso). Fa comunque discutere la sentenza n. 18744 della Corte di Cassazione datata 13 luglio 2018, anche se in questo caso l’episodio si caratterizza per qualche particolarità. Infatti, nella sentenza si precisa che il licenziamento (per giusta causa) per i motivi sopra riportati nel settore privato dovrebbe essere riportato nel CCNL di riferimento. Se tra le cause che possono portare al licenziamento il comportamento improprio del dipendente (o l’assenza non autorizzata, più nel dettaglio) non figura nel CCNL allora il datore di lavoro non potrà procedere.
Legge 104: permessi, vacanza e licenziamento, il fatto
Oggetto della discussione il comportamento di una dipendente che aveva usufruito di 6 giorni di permesso. Motivo? Per assistere la madre e la zia portatrici di handicap dal 23 al 31 dicembre compreso, non contando ovviamente i giorni di Natale e Santo Stefano e il 28 dicembre. Ebbene, in data 30 dicembre, la lavoratrice si era trovata a Gran Canaria e da qui aveva spedito una cartolina. Infatti la lavoratrice aveva organizzato delle vacanze di fine anno e richiesto le ferie per tali giorni, ma subito dopo la prenotazione, la richiesta era stata rigettata. Non potendo annullare il viaggio, nonostante alcuni tentativi effettuati presso l’agenzia, aveva quindi richiesto dei permessi Legge 104. Dalla Spagna aveva poi inviato delle cartoline, ma qualcuno aveva inviato una busta anonima al responsabile regionale della struttura e da qui quel che ne è seguito.
Al di là delle ferie richieste e rigettate, discorso poi ritenuto non fondato, e la richiesta di permessi avvenuta in un momento in cui la dipendente non sapeva se sarebbe stata sostituita o meno in quei giorni, la Cassazione ha respinto il licenziamento della stessa, basandosi sul CCNL di riferimento. Che prevedeva il licenziamento solo in caso di “assenza arbitraria dal servizio superiore ai dieci giorni lavorativi consecutivi”; nonché di “assenza arbitraria dal servizio superiore ai sessanta giorni lavorativi consecutivi, salvo casi di comprovata forza maggiore”. Per gli ermellini “la commissione di reati o un comportamento fraudolento e preordinato […] non può prevalere sulle previsioni contrattuali che quella mancanza espressamente contemplano”.
Abuso permessi Legge 104: quando scatta il licenziamento
Vien da sé che l’episodio succitato è un caso a sé e si riveste di diverse particolarità da esaminare approfonditamente (come ad esempio il CCNL di riferimento). La regola generale resta comunque la stessa: chi abusa dei permessi Legge 104 può andare incontro al licenziamento. A questo sunto fa fede la sentenza n. 8784 del 30 aprile 2015 della stessa Cassazione. Il licenziamento può scattare quando “il dipendente usa i permessi per partecipare a serate danzanti invece di assistere la madre disabile”. Sostituite “vacanze”, “gita fuori porta” et similia a “serate danzanti”, il principio vale sempre. Ancor più se il dipendente, invece di assistere il familiare disabile, fa un altro lavoro.
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