Vandalizzare la statua di Montanelli è divertente quanto inutile

Di recente la statua di Indro Montanelli è stata vandalizzata con della vernice rosa (lavabile). Nelle campagne d’Africa Indro comprò una bambina di 12 anni

Vandalizzare la statua di Montanelli è divertente quanto inutile
Vandalizzare la statua di Montanelli è divertente quanto inutile

Di recente la statua di Indro Montanelli è stata vandalizzata con della vernice rosa (lavabile). Al di là dell’effetto estetico – rosa e bronzo sono un connubio stupendo – mi affascina questo afflato iconoclasta. C’è chi vorrebbe addirittura far rimuovere la statua a causa di un fatto narrato da Montanelli stesso. Durante le campagne d’Africa, Indro comprò una bambina di 12 anni e la tenne come schiava per poi lasciarla lì a guerra finita. Una storia esecrabile, soprattutto per il modo autoassolvente in cui ne parla.

Il fatto è che Indro Montanelli è morto da quasi vent’anni.

Quel che resta sono le sue opere, la capacità di sintesi, l’italiano affilato, l’analisi distaccata, le testimonianze degli anni più oscuri della nostra Storia. La statua non lo rappresenta col fucile o con una ragazzina in braccio, bensì mentre fa ciò che l’ha reso immortale: scrivere. L’epitaffio recita Indro Montanelli / Giornalista, non colono, soldato o pedofilo. La cosa buffa è che quando la statua fu inaugurata nel 2006 le polemiche c’erano per motivi opposti: si diceva che Indro non avrebbe mai voluto una statua perché “i monumenti sono fatti per essere abbattuti” e “le statue si fanno ai santi”.

All’epoca Oliviero Toscani disse che con quella statua “lo hanno gambizzato due volte”. Si protestava per la rappresentazione di Montanelli poco accurata, facendo a gara a chi ne tesseva di più le lodi. Oggi invece la si vandalizza perché “era un pedofilo”. È la stessa accusa per cui i soliti idioti di estrema destra tre anni fa vandalizzarono il monumento a Pasolini, non proprio un nobile precedente. Alcuni dicono che il motivo della rimozione starebbe nel colonialismo, ma se così fosse la statua di Garibaldi dovrebbe essere massacrata, per non parlare di quella di Giulio Cesare.

La Storia è costellata di geni con lati oscuri.

Gauguin andava ai Caraibi per stuprare tahitiane adolescenti e ne sposò due, una di tredici e una di quattordici. Lewis Carroll fotografava bambine nude, proprio come Graham Ovenden. Charlie Chaplin andava con le minorenni, tanto da sposarne una e costringerla ad abortire. Einstein ci provava con tutte le studentesse che gli capitavano sotto mano. Anche Egon Schiele era pedofilo, su Michael Jackson, poi, è meglio soprassedere. Benvenuto Cellini, uno dei grandi del Rinascimento, era uno stupratore, un violento e un assassino. Caravaggio un pluriomicida. Leonardo Da Vinci rubava i cadaveri dai cimiteri senza il permesso delle famiglie.

Eppure, in tutto questo furioso processo di piazza ai morti, a farne le spese è solo la statua a Montanelli. Ma perché?

Valutare gli uomini del passato con i valori attuali (che verranno derisi dalle future generazioni, inevitabilmente) ha uno scopo reale e un altro subliminale. Il primo è mostrarsi puri agli occhi della propria tribù, la famosa opinion bubble dove tutti la pensano allo stesso modo e in cui chi estremizza i concetti prende più like, quindi ha più prestigio sociale. Vandalizzare un monumento, bruciare gli scritti di un autore, in realtà sono gesti autocelebrativi per ottenere l’approvazione del proprio branco. Il secondo, invece, deriva dalla forma mentis della plebaglia, che davanti a ogni immortale vede solo le bassezze.

Se al nome di Montanelli la prima cosa che viene in mente è “pedofilo” è perché di lui non si è letto nulla. I monumenti si fanno alle cose eterne, non a quelle transitorie. Caravaggio continuerà a essere ammirato da milioni di persone in tutto il mondo, Montanelli a essere studiato da storici che oggi non sono ancora nati, i film di Pasolini resteranno opere d’arte da studiare nelle università anche quando di loro si dimenticheranno orrori, errori, difetti e reati. Vandalizzare statue e monumenti è una delle quotidiane battaglie sterili e autocelebrative di questi anni, di cui spesso mi domando cosa rimarrà.

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