Tasso di sostituzione pensioni Quota 100 2019: lordo o netto, calcolo
Quota 100: uscire dal lavoro prima della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia? Si perde circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo
Calcolo Tasso di sostituzione
Cos’è il tasso di sostituzione? In pratica, rappresenta il rapporto in percentuale tra la prima rata della pensione e l’ultimo stipendio o reddito percepito prima dall’uscita dal lavoro. Dunque, è la misura che quantifica la copertura previdenziale garantita in base alla carriera di un determinato soggetto.
Quota 100: il passaggio al contributivo
Attraverso il tasso di sostituzione è possibile capire, quindi, fino a che punto lo standard di vita che si aveva mentre si lavorava potrà essere mantenuto anche una volta andati in pensione. A causa delle riforme degli ultimi anni, il tasso di sostituzione è diminuito; soprattutto i più giovani ad essere penalizzati visto che sono interamente soggetti al sistema contributivo. D’altra parte, nonostante le aspettative, la previdenza complementare non è ancora riuscita a fornire un valido aiuto in questo senso.
Per capirci, con il sistema retributivo – cioè prima della Riforma Dini risalente al 1995 – il reddito da pensione raggiungeva fino all’80% dell’ultimo stipendio se raggiunti i 40 anni di contributi. Posto che l’aliquota di rendimento era del 2% per ogni anno di contribuzione, con 30 anni di contributi si raggiungeva il 60%, con 20 il 40% e così via. Dal primo gennaio 1996, invece, l’importo della pensione è legato all’entità dei contributi versati ogni anno, all’età di pensionamento e all’andamento del Pil.
Quota 100: quanto si perde?
Andando in pensione usufruendo di Quota 100, ovvero 5 anni prima della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, secondo i calcoli del Sole 24 Ore, si perde circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo. Infatti, riferisce lo studio, andando in pensione a 62 anni con 38 di contributi – di 30mila euro l’ultima retribuzione annuale – arriverà il taglio del 22% dell’assegno pensionistico che si sarebbe incassato a 67 anni.
Lavorare 5 anni in più permetterà di contare su un montante contributivo maggiore, inoltre, si avrà a disposizione un coefficiente di trasformazione maggiore. Ciò per effetto della riforma del 2011 che premia l’età maggiore e l’ammontare del montante accumulato; in generale, tra l’altro, le retribuzioni aumentano dopo i 62 anni: altro fattore che contribuisce ad aumentare l’assegno pensionistico. Insomma, chi ha un reddito “basso” dovrebbe scegliere attentamente se utilizzare o meno Quota 100 dato che, lavorando fino a 67 anni, avrà un assegno pari al 50-70% dell’ultimo stipendio.
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