Guardare la mafia negli occhi di Elia Minari, la recensione

Lo Stato è riuscito a contrastare efficacemente la mafia stragista eppure oggi sembra incapace di comprendere le evoluzioni delle criminalità organizzata

Guardare la mafia negli occhi di Elia Minari, la recensione
Guardare la mafia negli occhi di Elia Minari, la recensione

«Su questo tema spesso c’è molta retorica: parole vuote, parole banali; non vogliamo seguire questo percorso». Ha esordito così Elia Minari, autore di Guardare la mafia negli occhi. Le inchieste di un ragazzo che svelano i segreti della ‘ndrangheta al Nord (Rizzoli, 2009) all’incontro “Mafie, media e fake news. Dal maxi-processo Aemilia alle nuove mafie” organizzato il 18 marzo 2019 a Bologna.

Un’associazione di studenti che ha aiutato la magistratura a contrastare la mafia

Attualmente studente di giurisprudenza, ma allora appena liceale, Minari nel 2009 fa ha fondato l’associazione antimafia “Cortocircuito”, fonte preziosa di materiale per l’attività della magistratura. Ad esempio, sulla base delle inchieste di Minari e di Cortocircuito nel 2016 il comune di Brescello (Reggio Emilia) è stato il primo dell’Emilia-Romagna ad essere sciolto per mafia; anche il maxi-processo “Aemilia” che ha portato nell’ottobre 2018 alla condanna di 125 imputati – il più grande processo di mafia nel nord Italia – si è giovato delle loro indagini. Oggi la sfida sarebbe quella dell’«utilizzo incrociato delle fonti aperte, come atti, documenti, già accessibili a qualunque cittadino, come misure catastali e camerali e piani regolatori», secondo Minari.

Attilio Bolzoni: troppa attenzione sugli emarginati, poca sulla mafia degli incensurati

Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica formatosi al “L’Ora” di Palermo, ha chiarito che «la natura della mafia non è sparare, ma infiltrarsi». L’attenzione mediatica trova bersagli relativamente semplici nelle «forme di criminalità vistose, pacchiane e facilmente aggredibili dalle forze dell’ordine» come quelle del clan Spada o dei Casamonica. Bolzoni le definisce «mafia degli emarginati». Tuttavia spesso cala il silenzio quando si tratta di raccontare la promiscuità con ambienti mafiosi da parte di capi della polizia, generali e procuratori. Si tratta della «mafia degli incensurati»; «personaggi profumati, educati, politicamente corretti» riescono persino a raggiungere posizioni di delegati alla legalità di associazioni di industriali nazionali ergendosi a «padrini dell’antimafia», per citare il titolo del libro di Bolzoni uscito qualche giorno fa con Zolfo Editore.

Paradossalmente, «“la mafia fa schifo” è uno spot pubblicitario che piace anche ai mafiosi, l’ho sentito pronunciare anche da mafiosi» – ha affermato Bolzoni – «un giornalista non può usare gli stessi slogan di 40 anni fa, bensì deve arrivare prima dei magistrati, perché il territorio racconta sempre tutto, se lo sai e se lo vuoi ascoltare».

Lo Stato italiano, a partire dall’estate 1992, è riuscito a contrastare efficacemente la mafia stragista; d’altra parte, oggi sembra incapace sia di gestire i beni confiscati sia di comprendere le nuove evoluzioni delle mafie. Alcune indagini delle procure vanno in direzioni opposte, nonostante formalmente esista un coordinamento nazionale antimafia; la verità giudiziaria, quando è emersa, è risultata nondimeno carente. Quindi l’invito, per tutti, è quello di allontanarsi dai luoghi comuni e di studiare di più.

Guardare la mafia negli occhi. Luca Ponzi: riusciamo davvero a far paura alle mafie?

«Per scrivere di mafia bisogna solo studiare molto e questo è un limite della categoria dei giornalisti e degli editori», gli fa eco Luca Ponzi che si è occupato di infiltrazioni mafiose nel settore agroalimentare e in Emilia-Romagna e per la RAI ha seguito il maxi-processo Aemilia. Tale evento giudiziario ha avuto scarsa attenzione sulle testate nazionali.

Al contempo le mafie come Cosa Nostra hanno saputo inserirsi nei Consigli di Amministrazione di aziende quotate in borsa; una donna di mafia è giunta persino a chiedere a Ponzi un’intervista, dimostrando piena padronanza degli strumenti di comunicazione di massa.

«Non siamo abbastanza in grado di far loro paura», si è trovato a constatare Ponzi; lo stesso giornalista ha però osservato come alcuni mafiosi temessero soprattutto una pagina Facebook gestita da volontari.

Petra Reski: in Germania la mafia si presenta come folklore e querela

Petra Reski, giornalista tedesca che ha studiato le connessioni internazionali della ‘ndrangheta, ha detto che in Germania quando si parla di mafia «tutti cadono dalle nuvole». In Germania la testata Spiegel ha dato persino credito alla testimonianza di un boss, al quale era giunta attraverso il curatore di un CD di “canzoni della mafia” in tedesco e in italiano, con tanto di bollino SIAE. «Non sanno neppure le basi» ha osservato con rammarico. Complice anche un ordinamento giuridico che non è preparato a colpire le associazioni di stampo mafioso; la Reski si è trovata libri censurati a seguito di querele per diffamazione; per questo motivo, editori l’hanno scaricata e lei ha dovuto superare il timore di scrivere. «Non critico la poca solidarietà, ma la poca sensibilità», ha spiegato.

Ora ha scelto il genere del romanzo, dove è più difficile intentare cause legali. Ma pure lì «la mafia ha modo di inserirsi nella letteratura», presentandosi come una bizzarra ma legittima cultura, come folklore; «se parli di sangue, o di quanto siano furbi e sanguinari, aumenti il loro capitale simbolico». Anche secondo la Reski è necessario smontare la “mafia degli incensurati”; «La mafia può esistere solo grazie al sostegno dei presunti onesti» ha ripetuto.

Presentazione “Guardare la mafia negli occhi”, Giammarco Sicuro: la ‘ndrangheta in nord Europa

Tra i relatori era presente anche Giammarco Sicuro del TG2, autore di servizi sul maxi-processo Aemilia e di inchieste sulle connessioni ‘ndranghetiste in Germania e in America Latina. Proprio nel comune di Brescello, davanti alla villa del boss Francesco Grande Aracri, formalmente sequestrata ma ancora abitata, Sicuro ha subito un’intimidazione: l’auto sulla quale viaggiava è stata colpita da un grande sasso.

Recentemente recatosi in Colombia, il giornalista ha riscontrato un arretramento dei contatti diretti con la ‘ndrangheta calabrese. «È la dimostrazione che non sono invincibili», nonostante questo fenomeno sia dovuto alla notevole espansione della mafia albanese che – con ingenti capitali dovuti al traffico di marijuana, eroina e prostituzione – negli ultimi tre anni ha avuto una notevole espansione.

Comunque «le cosche non stanno diminuendo i profitti, perché trattano direttamente dalle basi logistiche nel Nord Europa, in particolare Paesi Bassi e Germania».

A detta di Sicuro conviene pertanto concentrarsi sulle interconnessioni europee, facendo anche pressioni per introdurre leggi che contrastino efficacemente le mafie nei paesi a noi vicini.

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