Verso la riforma della finanza: contro il TBTF
Indipendentemente da come si valuti la presidenza Obama, indipendentemente da come si valutino alcuni provvedimenti, gli va riconosciuto il merito di aver riportato al centro della politica mondiale i problemi legati alla finanza da cui si è originata la crisi.
Da troppi mesi il dibattito si trascinava, argomento da reiterare stancamente di vertice in vertice senza costrutto alcuno fino a ridursi a sterili diatribe sui bonus dei banchieri comodissima e popolarissima foglia di fico per non toccare i temi centrali. I bonus, si badi bene, sono indiscutibilmente un tema rilevante ma non certo di per sé ma come risultante di politiche che le banche hanno messo in piedi in virtù della loro Governance e del loro modello di business. I bonus sono il livello terminale di un percorso che non si puo’ credibilmente modificare se non partendo dall’inizio. Come allettante diversivo demagogico è invece formidabile. Al riguardo, il Prof. Francesco Giavazzi su CorSera (Banchieri dimezzati) rileva il tempo perso e le occasioni sprecate tra le quali annovera la Presidenza italiana del G7 avvoltolata a proporre un improbabile moralisteggiante legal standard limitato ad imporre nuovi ed uniformi criteri contabili alle banche.
[ad]Cosa ha dunque proposto e fatto Obama. Intanto, alcune settimane fa ha presentato una nuova tassa da imporre alle banche salvate con i soldi pubblici con i quali hanno continuato a speculare come se la crisi non ci fosse stata, con il motto “riprendiamoci i nostri soldi” che sarà pure un po’ populista, ma ha un contenuto di sanzione punitiva non disprezzabile. Il carattere di questa iniziativa, sia chiaro, è emblematico e dimostrativo ma poco sostanziale. Come infatti osserva Giorgio Arfaras gosu Chicago Blogla somma derivante da questa imposizione è una frazione delle somme accantonate dalle banche per i bonus. Dunque provvedimento largamente condiviso ma di scarsa utilità rispetto alle necessità di intervento.
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