“Il rilancio del nucleare e di tutte le fonti alternative farà si che le bollette siano più leggere per gli italiani e per le imprese”. (1) Con queste parole, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intende convincere i cittadini della convenienza economica dei progetti per reintrodurre le centrali atomiche in Italia.
INVESTIMENTI POCO ATTRAENTI
[ad]Fortemente critiche appaiono, invece, due tra le più importanti organizzazioni ambientaliste, Legambiente e Greenpeace. Il punto di partenza delle loro analisi (2)(3)(4) non è certo lo slogan di un qualche “figlio dei fiori”, bensì gli studi di mercato e di rischio finanziario effettuati da Moody’s, una tra le maggiori agenzie di rating statunitensi, la quale, a partire dal 2007, si è interrogata sull’entità delle risorse assorbite dagli investimenti nel nucleare. Un primo dato evidente è la sistematica sottostima dei costi connessi alla costruzione degli impianti. Nel 2007, i valori proposti dal mercato, compresi tra i 3000 e i 4000 dollari per kW di energia prodotta (inferiori ai 3000 $/kW, secondo Enel), sono sconfessati da Moody’s, la quale ipotizza costi tra i 5000 e i 6000 $/kW. Nel 2008, le stime sono state nuovamente riviste al rialzo.
Il secondo elemento da tenere in considerazione è tratto dai report del 2009 di Citigroup, la maggiore impresa di servizi finanziari a livello internazionale. L’entità dei rischi connessi allo sviluppo delle centrali nucleari (rischi di pianificazione, di costruzione, di prezzo, operativi e di smantellamento) è giudicata tanto elevata da non poter essere in alcun modo sostenuta da attori privati. Significa che il costo del nucleare finisce inevitabilmente per ricadere sulle spalle dei contribuenti, attraverso il finanziamento pubblico.
Ciò è del tutto evidente nel caso americano: nei liberisti Stati Uniti, il Governo si è visto costretto a stanziare, nel 2005, incentivi a sostegno del mercato nucleare per 18,5 miliardi di dollari, con l’obiettivo di coprire finanziariamente almeno la sostituzione dei reattori a fine vita.
A CARICO DEI CONTRIBUENTI
La discussione sul nucleare si estende soprattutto a due categorie di costo, cui va attribuita grande rilevanza: lo smaltimento delle scorie e lo smantellamento degli impianti. Per quanto riguarda la prima voce, essa rappresenta il cuore delle spese di manutenzione di ogni centrale attiva. Nei paesi europei, solo una parte di tali costi viene effettivamente sostenuta dalle imprese; per il resto, il finanziamento tende a gravare su fondi dello Stato (e quindi sui cittadini). Negli Stati Uniti, si è studiato un apposito sovrapprezzo pari a 0,1 centesimo di dollaro per KWh consumato, che, attraverso le bollette elettriche pagate dai consumatori, va a coprire gran parte delle spese per lo smaltimento delle scorie. La seconda voce, relativa allo smantellamento, non va ugualmente trascurata.
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[ad]A questo proposito, il dossier di Legambiente ricorda come, in Gran Bretagna, le stime ufficiali del 2007 relative al costo di dismissione degli impianti a ciclo concluso raggiungessero l’equivalente di 104 miliardi di euro. In Italia, i costi di smantellamento delle centrali chiuse dopo il disastro di Chernobyl sono coperti dalla voce A2 delle bollette elettriche. Si è stimato che, soltanto tra il 2002 e il 2006, la spesa complessiva a carico dei consumatori italiani sia stata pari a 670,9 milioni di euro. “NON NEL MIO GIARDINO” Il mercato nucleare può sopravvivere soltanto con il sostegno pubblico, ma questo appare piuttosto indebolito, in Italia. Con il secondo dei tre Referendum sul nucleare del 1987, si è fatto divieto allo Stato di finanziare gli enti locali che avessero ospitato centrali atomiche (5); con i tre interventi normativi delle Regioni Puglia, Basilicata e Campania, tra il 2009 e il 2010, si è impedita la costruzione di impianti di produzione e stoccaggio nei relativi territori; la stragrande maggioranza delle amministrazioni regionali, infine, ha presentato ricorsi alla Corte Costituzionale per presunta incostituzionalità delle norme governative che disciplinano la definizione dei siti e le autorizzazioni delle centrali (6). Con gli ostacoli economici e quelli normativi che si trova di fronte, la reintroduzione del nucleare in Italia rischia di trasformarsi in un gigantesco fallimento.
Fonti:
2. http://www.legambiente.eu/documenti/2008/0811_dossierNucleare/dossierNucleare.pdf
3. www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/nucleare-vicolo-cieco.pdf
4. www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/nucleare-enel-bufale.pdf