Donald Trump riconosce la sovranità di Israele sul Golan

Pubblicato il 25 Marzo 2019 alle 16:03 Autore: Michele Mastandrea

Donald Trump: dietro la decisione le prossime elezioni in Israele ma anche la situazione geopolitica regionale. Aumenta pressione sull’Iran

Donald Trump riconosce la sovranità di Israele sul Golan?
Donald Trump riconosce la sovranità di Israele sul Golan?

Dopo il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, dopo il riconoscimento della stessa Gerusalemme a capitale di Israele, gli Stati Uniti compiono un altra svolta diplomatica a favore dello stato ebraico.

Il presidente USA Donald Trump, nel corso di un incontro oggi a Washington con l’omologo israeliano Benjamin Netanyahu, firmerà infatti un decreto che riconosce ad Israele la piena sovranità sulle alture del Golan.

Queste si trovano al confine tra Israele ed una Siria dove è ancora in corso la partita del futuro assetto del paese dilaniato da 8 anni di guerra civile. La decisione era stata preannunciata nei giorni scorsi da parte del Dipartimento di Stato, che aveva smesso di definire “occupati” i territori di Gaza, Cisgiordania e delle stesse Alture del Golan. Questi sono ora battezzati come “controllati da Israele”.

Donald Trump: Golan, territorio strategico

Strappate da Israele alla Siria nel 1967, nel corso della Guerra dei Sei Giorni. Situate in posizione strategica, sono da sempre al centro delle trattative per la risoluzione della questione palestinese. Hanno un ruolo che però va ben oltre, essendo importanti per l’assetto generale della regione mediorientale. Si affacciano infatti sul Libano e confinano con la Giordania. Sono inoltre un terreno ricco di risorse idriche e di terreni fertili.

Le Nazioni Unite le considerano un territorio occupato, la mossa statunitense di fatto è una sfida a quanto affermato dalla principale organizzazione politica transnazionale. L’ONU infatti ha sempre negato il riconoscimento dell’annessione formale delle alture. Questa fu stabilita da Israele con un voto ad hoc del parlamento ebraico nel 1981. Alla posizione delle Nazioni Unite è allineata l’Unione Europea. La Russia, principale alleato di Assad, ha espresso dissenso assoluto ad ogni “mossa unilaterale” riguardo al Golan.

Donald Trump: assist per Netanyahu?

La tempistica non è affatto casuale. Netanyahu, al potere dal 2009, è infatti impegnato in una dura campagna elettorale in patria. Le elezioni si terranno il prossimo 9 aprile. Netanyahu è sotto nei sondaggi rispetto alla coalizione centrista “Blu e Bianco”. Inoltre, deve fronteggiare il peso dei procedimenti giudiziari per corruzione in corso nei confronti suoi e della moglie.

Il riconoscimento americano della sovranità israeliana sul Golan dovrebbe offrire sicuramente un incremento nei consensi all’attuale presidente. La gioia dell’attuale governo di Israele per la decisione americana è simboleggiata dalle parole del Ministro degli Esteri Katz, che ha definito le relazioni tra i due paesi al loro massimo storico.

La tensione con i palestinesi, però, si è subito rialzata. Il razzo caduto sulla città di Mishmeret potrebbe essere collegato alla questione del Golan. L’esercito israeliano ha accusato Hamas dell’attacco. Netanyahu ha affermato che Israele “risponderà con la forza”, affermando che accorcerà la sua visita americana proprio per fare ritorno in patria.

Donald Trump: Golan, il quadro geopolitico

Nei giorni scorsi aveva inoltre sottolineato l’importanza della decisione in relazione al quadro regionale, in particolare rispetto al conflitto finora ancora tiepido con Teheran. Questa è accusata da Netanyahu di usare la Siria come piattaforma per distruggere Israele. La presenza nelle alture fa parte di quella che Israele definisce come politica di contrasto al radicamento di Teheran nel paese governato da Assad.

La mossa americana, secondo alcuni osservatori, riflette anche la relativa assenza di conflittualità nella regione seguita allo spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme. La divisione interna ai palestinesi e il controllo capillare del territorio della regione da parte di Israele sembrano star avendo ragione delle mobilitazioni in corso in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Da un anno i palestinesi di Gaza mettono in atto proteste nell’ambito delle Marce per il Diritto al Ritorno. Questa hanno portato a 255 morti e a più di 23mila feriti. Una commissione di inchiesta delle Nazioni Unite circa un mese fa ha criticato la durezza repressiva israeliana accusando lo stato ebraico di crimini di guerra e contro l’umanità.

Inoltre, lo scontro regionale che vede le principali potenze del Golfo avere bisogno di Israele per contrastare il comune nemico iraniano sembra far prevalere ragioni di realpolitik rispetto alla tradizionale ostilità ad Israele da parte dei paesi arabi. Un processo in corso sin dalla svolta egiziana di fine anni Settanta, con gli accordi di Camp David, ma sempre più evidente negli ultimi anni.

L’avvicinamento politico in chiave anti-iraniana tra Arabia Saudita e Israele, con l’appoggio più che esplicito statunitense, è il simbolo dell’attuale evoluzione nell’area. Ai margini di una riunione tenutasi lo scorso febbraio a Varsavia tra più di 60 paesi, Mike Pompeo dichiarò la necessità di “aumentare la pressione contro l’Iran“. La decisione sul Golan è da leggersi anche in questo quadro.

SEGUI TERMOMETRO POLITICO SU FACEBOOK E TWITTER

PER RIMANERE AGGIORNATO ISCRIVITI AL FORUM

L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
Tutti gli articoli di Michele Mastandrea →