Border – Creature di confine: trama, cast e anticipazioni del film al cinema
Al cinema il 28 marzo: Border, la storia di un amore “mostruoso” che ci insegnerà a capire l’Altro, trovandolo più vicino di quello che pensavamo.
Border uscirà al cinema il 28 marzo 2019, distribuito da Wanted, PFA e Valmyn. È un film di genere drammatico, fantasy, sentimentale della durata di 104 minuti. È diretto da Ali Abbasi e interpretato da Eva Melander, Eero Milonoff, Jörgen Thorsson, Ann Petren, Sten Ljunggren, Kjell Wilhelmsen, Rakel Wärmländer, Matti Boustedt.
Su uno sfondo crime, si stende la storia di Tina (Eva Melander) e di Vore (Eero Milonoff): due esseri non del tutto umani che intrattengono una relazione all’apparenza “mostruosa”. Eppure, grazie alla profondità dell’analisi psicologica e sociale che il regista riesce a realizzare, riusciamo non solo a vedere questo loro amore, ma anche a riconoscerlo. È un sentimento che ha il potenziale reale di dimostrare quanto labile sia il confine fra il “mostro” e il “normale”.
Evidentemente la carica concettuale e emotiva non è passata inosservata: il film, tratto dal racconto Confine, contenuto nella raccolta Muri di carta, John Ajvide Linqvist, è stato premiato a Cannes vincendo la sezione Un certain Regard, conquistando la giuria presieduta da Benicio del Toro.
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Border: la trama
La protagonista di Border è Tina, una persona diversa, non solo per via dell’estetica inusuale; sicuramente eccezionale per via delle sue doti singolari: è in grado di fiutare le emozioni degli altri come se ce le avessero stampate addosso a caratteri cubitali. Nel suo lavoro di impiegata alla dogana è infallibile: riesce a percepire i moti dell’animo di chiunque le si pari davanti, malviventi compresi. Ma a un certo punto incontra Vore che, stranamente, non riesce a “sentire”.
Con lui vivrà una relazione selvaggia densa di forti rivelazioni sul significato della sua condizione. Infatti Tina, proprio come Vore, non è un essere umano ma una “creatura di confine”. Appartiene a una stirpe di creature del folclore nordico perseguitate e quasi estinte. Il tempo non l’ha aiutata a nascondere la sua difformità che rimanda a quella primitiva realtà che l’ha partorita – ma le sue pulsioni animali si. A differenza del suo connaturale, che veste le sue peculiarità con sfacciato orgoglio, ha rinnegato se stessa.
I piedi scalzi li ha coperti, e anche il corpo nudo, con la divisa da impiegata. Ha imparato che certe cose è sbagliato farle, ma soprattutto sentirle. Ha realizzato e accettato il pensiero di essere sola al mondo, confinandosi nel silenzio. Ma Vore le ha dimostrato, con la sua stessa esistenza e determinata autoaccetazione, di non essere sbagliata.
A quel punto per lei inizia una vita nuova: la trama di Border conosce un cambiamento, perché la protagonista supera quel confine autoimposto che la stava soffocando. Le pulsioni represse emergono e diventano le braci della loro relazione, libera da ogni vincolo. Abbasi mostra i due intenti a mangiare vermi o consumare orgasmi attraverso delle immagini che possono non indurre un’empatia immediata. Il punto è proprio questo: il diverso ci spaventa immediatamente, ma se lo capiamo non ci può realmente turbare.
La solitudine dei “numeri primi”
Abbasi realizza questo film con il dichiarato intento di far ragionare su che cosa significhi il concetto di “minoranza” e quindi di “diverso”. Racconta il disagio e la solitudine dei gruppi di individui che si trovano in una condizione di inferiorità che non sempre è soltanto numerica, ma anche simbolica, emotiva. Questa condizione li relega in una prigionia fisica e psicologica perché la società in cui tentano di inserirsi non li accetta, eppure al contempo si serve delle loro peculiarità.
Allora, il regista sapientemente descrive le esperienze di questa coppia “ripugnante” anche per permettere allo spettatore di superare dialetticamente i propri confini mentali, affinché non si trasformino in fili spinati, per sé e per gli altri. Alla fine di questo viaggio, potremmo non solo capire che il diverso non lo è poi così tanto, ma addirittura rivederci in esso. E in quanto tale, non può davvero farci paura.
Se, e quando sentiremo una specie di strano rispetto nei confronti del “piccolo mondo” che Tina e Vore rappresentano, il lirismo con cui Abbasi li racconta si dimostrerà commovente e coinvolgente. E potenzialmente catartico.
Questa storia ci insegna che la diversità non può e non deve essere portata e nascosta come fosse una mostruosità. Che “diverso” è solo una parola, e nessuno è una parola.
La posizione degli altri è capace di influenzarci?
L’analisi di Border ci può condurre ad una più ampia riflessione sul ruolo che l’opinione della minoranza riveste all’interno della nostra società.
Lo studio dello psicologo Solomon Asch, condotto nel 1951 ha palesato che l’influenza della maggioranza tende a schiacciare le posizioni delle minoranze. Il protocollo sperimentale prevedeva la presenza di 8 soggetti, di cui 7 complici, coinvolti in quello che era presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. La posizione dei sette complici, palesemente errata, influenzava quella dell’unico vero soggetto sperimentale, che cominciò a rispondere regolarmente in maniera errata. In sintesi, pur percependo “oggettivamente” la mancata corrispondenza delle linee che identificava come identiche, lo affermava ugualmente.
Ma Serge Moscovici, una delle figure più rilevanti nel campo della psicologia sociale europea, ha dimostrato il contrario. Nell’esperimento questa volta la maggioranza era costituita dai soggetti veri e la minoranza dai collaboratori. Quando la minoranza si mostrava decisa e non tentennava, coerente e determinata, allora si riscontrava un piccolo ma significativo numero di soggetti che si univa a loro. Ma quando questa sicurezza vacillava, allora l’influenza non si verificava.
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