Permessi Legge 104: pedinamento lavoratore è legittimo, i segnali a rischio
Chi abusa dei permessi Legge 104 può incorrere nel licenziamento e le prove portate da investigatori privati sono ammissibili. La sentenza della Cassazione.
Pedinamento con Legge 104
L’abuso dei permessi Legge 104 può portare a conseguenze penali e professionali. Nel primo caso perché si commette un illecito penale nei confronti dell’Ente che eroga l’indennità legata ai permessi retribuiti 104. Nel secondo caso, perché il licenziamento per giusta causa perpetrato dal datore di lavoro risulta legittimo.
Abuso permessi Legge 104: la sentenza
Il lavoratore può essere colto in flagrante anche da un investigatore privato assunto dall’azienda. Con la sentenza n. 2743 del 30 gennaio 2019, la Corte di Cassazione è intervenuta proprio su questi punti. Considerando la legittimità delle sanzioni previste nell’eventualità in cui il lavoratore che ha preso i permessi 104 sia lontano dal domicilio del familiare disabile. A cui, soprattutto, dovrebbe prestare assistenza.
Permessi Legge 104: abuso e prove investigative
Il caso riguarda un lavoratore che aveva preso dei permessi retribuiti Legge 104 per assistere la suocera disabile. Ma che in realtà aveva approfittato di quei giorni per farsi una piccola vacanza in un luogo lontano dal domicilio in cui avrebbe dovuto prestare assistenza. La Cassazione fa esplicito riferimento alle prove investigative nel rigettare il ricorso del lavoratore licenziato.
Permessi Legge 104: quando è abuso
Sono dunque considerati attendibili i rilievi fotografici presentati dagli investigatori privati in qualità di prove testimoniali. Sebbene sulla base del licenziamento per giusta causa siano comunque sufficienti la presenza del lavoratore in un altro luogo rispetto a quello in cui avrebbe dovuto essere. E la finalità stessa dei permessi Legge 104, ovvero l’assistenza al familiare con handicap venuta meno. Il lavoratore aveva utilizzato dei permessi per concedersi delle giornate di riposo, anziché assistere la familiare disabile.
Abuso permessi Legge 104: legittimi i controlli dell’investigatore privato
In ogni caso, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro con l’ordinanza n. 4670/2019 del 18 febbraio 2019, ha legittimato i controlli richiesti dal datore di lavoro a opera delle agenzie investigative. Tuttavia, questi non devono riguardare lo svolgimento dell’attività lavorativa. Devono invece essere finalizzati a monitorare comportamenti scorretti da parte del lavoratore. Comportamenti penalmente rilevanti, che procurino anche danno per il datore di lavoro.
Permessi Legge 104: controlli investigatore, quando non sono permessi
Ciò è certificato anche da altre sentenze della Cassazione, susseguitesi nel corso del tempo (n. 12810/2017, n. 15094/2018 e n. 22196/2018). Dove si precisa che l’attività lecita delle agenzie investigative risulta tale quando non sconfinano nella vigilanza della prestazione lavorativa.
Resta pertanto “giustificato l’intervento in questione non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione”.
Permessi Legge 104: uso investigatore privato, perché è lecito
La Cassazione ha focalizzato l’attenzione sulla legittimità dei controlli. Anche durante i periodi di sospensione del rapporto di lavoro e finalizzati a verificare la correttezza della condotta del lavoratore. È il caso ad esempio della visita fiscale Inps e dei controlli ordinati dall’azienda ai medici fiscali. Ma anche del già citato abuso dei permessi 104.
La sentenza n. 4984 del 4 marzo 2014 tratta proprio quest’ultimo punto. Evidenziando “che il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che si avvalga del permesso 104 non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi dell’abuso di diritto”.
Abuso permessi 104: licenziamento per giusta causa legittimo
Ciò perché questo comportamento si manifesta come lesivo della buona fede nei confronti del datore. Più precisamente lo priva “ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente”. E inoltre “integra nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità e uno sviamento dell’intervento assistenziale”.
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