Osservate questo specchietto:
In questa tabella vengono riassunte le attuali esposizioni in strumenti derivati dei piu’ grossi “player” finanziari mondiali.
Nella terza colonna viene indicata la percentuale tra “asset” ovvero disponibilità patrimoniale reale, e l’esposizione in derivati. I dati provengono dalla FDIC Federal Deposit insurance corporation.
[ad]Per fare un esempio, nel 2001 Bank of America: aveva un valore dei contratti derivati pari al 1500% degli asset della banca stessa. Nel 2008 la percentuale sale al 2111%! E nel 2009? Siamo al 2221% a giugno. Ed ora…. al 2694%.
Nel frattempo Goldman & Sachs, quella dell’”affaire Abacus”, di cui abbiamo ampiamente parlato nello scorso articolo raggiunge il livello esponenziale del 34.262% e Jp Morgan il 4807%.
In altri termini, i soldi del TARP, quelli del “salvataggio” per intenderci, sono stati reinvestiti NON in asset reali ma di nuovo in strumenti derivati e altre alchimie finanziarie. Insomma punto e a capo. Non è cambiato ASSOLUTAMENTE niente.
Oltretutto c’è anche un altro elemento. Ovvero che molti di questi contratti derivati vengono definiti come CDS alias “Credit default swap”. In brevi termini una specie di “assicurazione” su qualsiasi eventuale default della controparte. Cioè una specie di “scommessa” sul fatto che Tizio Caio o Sempronio non falliscano. E vengono utilizzati in maniera bilaterale e multilaterale. Come già accennato nell’articolo su GS , la questione costituisce una specie di “cintura reciproca” che sta ad indicare che sostanzialmente la condizione di riferimento è: “Se io fallisco, caschiamo tutti”. E gli “stati sovrani” non ne sono immuni. Non solo i CDS sono sussistenti sulle entità finanziarie, ma anche sugli stati.
L’abdicazione della politica.
La politica? In realtà, è sostanzialmente impotente se non connivente.
Come ben sapete, il finanziamento del debito pubblico di ogni stato, ivi compresi gli USA è effettuato attraverso la vendita dei “titoli” pubblici, alias bond, effettuata periodicamente. Come ogni studente di economia sa, si è ben coscienti che se tale vendita non andasse a buon fine, l’immediata conseguenza è il default. E chi compra i “bond” dei vari stati? Alcuni fondi sovrani, la Cina, il Giappone ma anche..i furbetti del quartierino, che addirittura in Europa, stando ai dati della Bundesrepublik Deutschland Finanzagentur GmbH (Agenzia finanziaria della repubblica federale della Germania SA), competente nella ricerca di finanziamenti, che ha pubblicato in un comunicato stampa del 16 dicembre 2008 i nomi dei primi dieci creditori a titolo di diversi debiti di Stato della Germania, recita:
Barclays Bank, Deutsche Bank, Merrill Lynch, UBS, Morgan Stanley, The Royal Bank of Scotland, Société Générale, J.P. Morgan, Goldman Sachs et Citigroup.
Oltretutto, visto che l’attenzione del Far East (Cina Giappone ecc.) sia sui titoli di stato USA (in particolare per il lungo termine) sta diminuendo inesorabilmente, la percentuale di competenza dei “furbetti” sta aumentando a vista d’occhio.
Insomma siamo sempre li….
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[ad]La situazione sta sfiorando il surreale. Gli Stati Uniti e l’EU (compresa l’Inghilterra) per “sostenere” la propria economia devono vendere titoli di Stato le cui solvibilità sono garantite dagli Stati stessi, i quali pero’ per “poter dire” di essere in salute e in crescita (e quindi tenere anche bassi i tassi di interesse sugli stessi) devono “supportare” i falsari. Anche perché basta poco perche’ i “falsari” si arrabbino.
Prendiamo il caso della Grecia.
La Grecia è sull’orlo del default perché ha truccato i dati contabili sia in fase di ingresso nella moneta unica, sia in seguito. Nondimeno come ha fatto?
Diciamo che le banche d’affari si comportano come un commercialista compiacente che ti dice “sei oberato di debiti? Stai per morire? Non ti preoccupare, ci pensiamo noi”. E non fa altro che “ristrutturare il debito” impacchettandolo in miriadi di operazioni finanziarie e sostanzialmente facendo in maniera che i rischi ricadano sulla moltitudine degli investitori. Ivi compresi gli investitori sui bond statali.
E se anche lui stesso sta praticamente sull’orlo del fallimento NON puo’ fallire perche’ “sa troppe cose” e i suoi stessi strumenti si ritorcerebbero contro chi abbia cercato di sfidarlo.
Ma questo sistema surreale puo’ durare?
In ipotesi si. Diciamo che gli unici suoi nemici sono i giornalisti e le fughe di notizie. Non dimentichiamoci la dinamica del crac Parmalat, nel quale il commissario straordinario Bondi, ha deciso di intraprendere un’azione legale contro le banche creditrici prima del crac, accusandole di aver emesso bond fino all’ultimo momento pur essendo consapevoli della situazione disastrosa in cui versavano i bilanci dell’azienda. Bondi stima che Deutsche Bank abbia, a fronte di un prestito di 140 milioni di euro, guadagnato di interessi 217 milioni (+140%), Unicredit Banca da 171 milioni di euro ne ha ricavati 212 (+124%), Capitalia ha incassato il 123% in più di quanto aveva prestato alla Parmalat. Paradigmatico a questo proposito fu il bond emesso dalla banca svizzera UBS a Parmalat di 420 milioni di euro, dei quali effettivamente solo 110 milioni furono incassati, mentre i restanti 290 milioni tornarono indietro alla banca, come assicurazione in caso di insolvenza. E la stessa Parmalat “fallì” (era già tecnicamente fallita da tempo) perche’ non era piu’ in grado di restituire i soldi delle obbligazioni.
La cosa abbastanza triste è appunto che anche eventuali fallimenti vengono piu’ o meno programmati a seconda degli interessi in gioco.
Nella terza Puntata esamineremo nello specifico la “struttura” della ipotetica ripresa e come le varie entità finanziarie possono influenzarla o “pilotarla” in collaborazione con le Banche centrali.