Il Viaggio di Yao: trama, cast completo e curiosità del film con Omar Sy

Pubblicato il 5 Aprile 2019 alle 17:25 Autore: Martina Grinello

Il Viaggio di Yao: ambientata in un’Africa non così lontana, la storia di come un viaggio di ritorno a casa si trasforma nel ricordo delle proprie origini.

Il Viaggio di Yao trama, cast completo e curiosità del film con Omar Sy

Il Viaggio di Yao: trama, cast completo e curiosità del film con Omar Sy

Il Viaggio di Yao: trama, cast completo e curiosità del film con Omar Sy.Il Viaggio di Yao è un film di genere commedia della durata di 103 minuti. Uscirà al cinema il 4 aprile 2019, distribuito da Cinema Distribuzione.
È diretto daPhilippe Godeau, che ha presieduto la sceneggiatura con Agnés de Sacy in collaborazione con Kossi Efoui. Jean-Marc Fabre si è occupato della direzione della fotogragia, mentre le musiche originali sono di Matthieu Chedid.
Oltre agli attori protagonisti Omar Sy e Lionel Louis Basse, è stato interpretato da Gwendolyn Gourvenec, Fatoumata Diawara, Germaine Acogny, Abdoulaye Diop.

Il viaggio di Yao:la trama

Il viaggio di Yao è un film semplice, ma non per forza semplicistico. Uno dei due protagonisti è il tredicenne Yao (Lionel Louis Basse), affamato di libri e avventura, che abita in un villaggio sperduto nel nord del Senegal. Nella sua giovane e quasi dovuta ingenuità, si nutre di sogni, uno in particolare: incontrare il suo eroe Seydou Tall (Omar Sy). Il suo idolo è un celebre attore nato in Francia da una famiglia senegalese; è separato dalla madre del suo bambino di pochi mesi, perchè lei gli è ostile. Cavalcando l’onda di un’autobiografia di successo, decise di andare in Senegal, dove lo accolse, fra tutti, Yao, scappato di casa solo per poter avere un suo autografo. La distanza di quattrocento chilometri che il ragazzino non ha avuto paura di coprire per lui, non ha lasciato Seydou indifferente. Decise così di abbandonare il tour promozionale per riaccompagnarlo a casa.

Ne Il viaggio di Yao, assistiamo alla trasfigurazione della materialità del percorso nell’immaterialità del ricordo: il “ritorno a casa” del bambino, si capovolge nel “ritorno a casa” di un padre interiormente in cammino verso le sue radici. Se l’obiettivo del film era quello di incarnare, a un livello meno superficiale, una riflessione sui temi della paternità, della famiglia, della fede, cari sia al regista che all’attore Omar Sy, può dirsi raggiunto.

Il regista, su Omar Sy, afferma: “Il ruolo di Seydou gli è stato cucito addosso […]. Ho pensato a lui perché ho avuto come l’intuizione che avesse voglia o bisogno di riscoprire le sue radici di senegalese. […] Entrambi condividiamo poi la stessa idea sulla paternità e sulle origini“.

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La fiction è verità artistica

Così, Omar Sy ha deciso di mescolare la sua vita privata con la fiction. In fin dei conti, l’arte non si rivela mai essere totalmente una finzione: si radica nelle menti degli artisti e si nutre dei loro desideri.

Infatti, Philippe Godeau, come lui stesso ha affermato, decise di realizzare questo film non solo per mostrare la bellezza esotica del Senegal. Ha accolto e espresso la necessità di rivedere il suo rapporto personale con l’Africa: quand’era giovane ha scoperto che vi erano bambini che “facevano da scuola ad altri bambini, che avevano una grande fame di cultura, di libri, di informazioni e di Francia”. È evidente come queste riflessioni confluiscano poi nel personaggio di Yago.

Il viaggio di Yago si fa così un esempio di come l’arte sappia compenetrare la vita, e diventare uno strumento utile tanto a chi la fa, quanto a chi la fruisce. L’arte in senso stretto non “serve”, eppure in qualche modo può sempre aiutarci – in questo caso, anche e soprattutto nel riconoscimento del valore della differenza, sia pure culturale. Infatti il personaggio di Yago, nelle sue varie sfaccettature, rappresenta un modo di vivere “altro” rispetto alla “nevrosi” che sembra esser calata uniformemente sul quotidiano occidentale.

Il regista ci mostra che è possibile vivere diversamente da come riteniamo giusto solo perchè così ci è stato insegnato. Forse, potremmo cominciare a pensare che, dopotutto,”non crolla il mondo” se usciamo dalle nostre barriere, alcune delle quali, prima che fisiche, sono mentali.

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